A proposito di luoghi, mi sembra che ci teniate molto al vostro essere scozzesi, tranne Jonna naturalmente, a partire dall’accento che non cercate di nascondere fino alla scelta di registrare il disco nella vostra città. Perché è così importante per voi essere scozzesi?
Ja: non ho mai pensato a me stesso in quel modo finora, in realtà. Quando ho iniziato a cantare, sapevo cantare solo in questo modo, quindi non è stata una decisione cosciente. Se canto le canzoni di Elvis Presley a casa, le canto come Elvis, non le canto con accento scozzese. Ho quell’accento solo quando canto le canzoni dei Glasvegas, non posso cantarle in nessun altro modo.
Jo: penso sia lo stesso per i nostri fan, che cantano le nostre canzoni con l’accento scozzese, perché è così che le hanno ascoltate ed imparate.
Ja: sì, è divertente quando senti tutta la gente attorno a te cantare in glasvegiano.
Com’è la scena di Glasgow in questo momento? Vista da qui sembra che ci siano cose interessanti, ma forse mancano nuovi grossi nomi come siete stati voi e prima ancora Belle & Sebastian, Arab Strap, Jesus & Mary Chain…
Ja: onestamente non so, non sono molto informato. So che comunque c’è sempre movimento, c’è sempre stato e sempre ci sarà, a prescindere dal fatto che le band che ne fanno parte riescano poi a raggiungere le masse, a salire dall’underground e ad arrivare al livello della strada. Penso di essere stato fortunato a far parte di una band chiamato Glasvegas, una band che ha avuto una scintilla speciale, non a tutti capita di avere questa fortuna e di emergere.
Un paio di mesi fa avete fatto uno showcase qui a Milano in duo acustico. Com’è per voi suonare in quelle occasioni? È come quando scrivete le canzoni?
Ja: sì, è più o meno così. È bello suonare in quei casi, perché è molto diretto, hai modo di far capire cosa vogliono dire le canzoni, solo con la voce e la chitarra, colpisci la gente direttamente, in un modo che è diverso da quello che usi di solito con la band. A volte vuoi stare così, seduto in un ambiente più tranquillo, come se fosse il giardino di casa, altre volte invece senti di avere bisogno di stare in mezzo a tanti fan, con l’energia che ti arriva e un po’ di follia. Non vuoi stare sempre pacifico nel tuo giardino, è bello stare lì, ma a volte è ugualmente bello stare nella tempesta là fuori. Penso che sia bello provare entrambe le esperienze, una serve all’altra.
Jo: penso che con solo voce e chitarra chi ascolta possa concentrarsi di più sul testo, su cosa vuol trasmettere la canzone, mentre chi ascolta la band al completo prova qualcosa di diverso.
Quali sono i pezzi che preferite suonare dal vivo?
Ja: mi piace molto All I Want Is My Baby, come dicevamo prima.
Jo: a me piace Geraldine, il nostro classico, anche per come reagisce la gente.
Ja: ultimamente anche un pezzo che si chiama Dream Dream Dreaming, dal disco precedente, che parte calma e appunto sognante e poi diventa molto rumorosa.
In occasione dello showcase dicesti che “Be My Baby” delle Ronettes è la migliore canzone di sempre. Perché? Cosa ti piace di quella canzone?
Ja: Si sente la magia sprizzare ovunque dai suoni di quella canzone.
Quindi dobbiamo ringraziare Phil Spector?
Ja: sì, sono un grandissimo fan di Phil Spector, torno sempre alle sue produzioni, le ascolto spesso, sono veramente devoto alla sua musica.
Progetti futuri?
Ja: stiamo lavorando su alcune cose nuove, ci abbiamo lavorato appena prima di questo tour. Sono idee che ho avuto nell’ultimo paio d’anni e che abbiamo lasciato un po’ da parte, quindi sarebbe bello tornarci e “confezionarle” al più presto.
Un altro singolo natalizio?
Ja: il nostro manager ne sarebbe felicissimo! Ce l’ha chiesto un po’ di volte, ma non sono così convinto, non è così facile affrontare il tema del Natale.
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