giovedì, Marzo 28, 2024

L’intervista a The Mighty Mocambos: le mille forme del funk

Tra le più interessanti formazioni del revival soul/funk di questi ultimi anni ci sono i Mighty Mocambos, collettivo di Amburgo che è riuscito a dimostrare al mondo intero che anche in Germania, terra solitamente considerata fredda e legata a ritmi quadrati e robotici, c’è chi sa invece far muovere il bacino in maniera indiavolata. Per farlo si sono affidati a diversi pseudonimi e a una serie di collaborazioni (le principali con Gizelle Smith e Caroline Lacaze) ed uscite discografiche su etichette di tutto il mondo, oltre naturalmente ad una attività live instancabile, che finalmente li porterà anche in Italia. I nostri suoneranno infatti il prossimo 29 marzo al Biko di Milano, il tempio funk & soul milanese, assieme alla già citata Caroline Lacaze, in occasione della festa per il secondo compleanno di Willwork4funk, agenzia di promozione musicale specializzata in black music di ogni tipo. Abbiamo raggiunto Bjorn Wagner, il leader della band, per capire cosa dobbiamo aspettarci dal concerto e per saperne di più sull’esplosiva miscela che è la musica dei Mighty Mocambos.

Il vostro ultimo disco si chiama “The Future Is Here” (“Il Futuro é Qui”), che è un titolo molto forte. E’ solo una provocazione, data la retromania che pervade questi anni, o pensi veramente che la vostra musica sia il futuro?

A dire il vero, lo intendevamo semplicemente come un’affermazione un po’ audace, come dire: il tempo è ora, adesso è il momento, il futuro è nostro. Non intendevamo farne una riflessione sul fenomeno odierno della musica retrò per intero, ma mi sono reso conto in seguito che molte persone l’hanno interpretato in maniera ironica, il che mi sta bene. Anche se usiamo vecchi registratori a nastro e microfoni vintage, cerchiamo di andare oltre le limitazioni di un genere che è pervaso da cliché e copie carbone del passato. Con questo titolo volevo sottolineare che i Mighty Mocambos non ricreano semplicemente qualcosa che è già esistito. Viviamo in un’era che nei libri di Orwell che leggevo da bambino veniva immaginata come un’utopia o distopia. Puoi lamentartene e desiderare che si ritorni al 1968, ma è un romanticismo inutile. E’ però importante riportare l’elemento umano nella musica digitalizzata di oggi. Con questa combinazione, pensiamo si possa tracciare la via da percorrere ed il futuro di una musica che durerà nel tempo.

Quali sono i tuoi gruppi preferiti di funk&soul contemporaneo? Pensi di condividere una visione musicale con altri artisti nel mondo?

Ci sono molte etichette di funk&soul moderno che rispetto parecchio: la finlandese Timmion Records, la Truth & Soul a New York, e la GED Soul Records a Nashville, Tennessee, per non parlare ovviamente degli artisti che facciamo uscire sulla nostra label, la Mocambo Records. Ci sono piccole differenze di gusto, che è una cosa buona che rende il panorama musicale più ricco e vario, ma la visione generale credo sia molto simile: registrare bella musica con persone vere, e far uscire dischi per un pubblico che li possa apprezzare. Se dovessi scegliere i miei artisti preferiti di oggi, sarebbero Lee Fields e DeRobert & The Half-Truths. Lee fa musica da oltre 45 anni, ed il suo ultimo album per la Truth & Soul è probabilmente il migliore di tutti. Mentre la voce di DeRobert spicca rispetto a qualsiasi altra, è semplicemente stiloso.

E guardando indietro, quali sono gli esempi che cercate di seguire?

Seguo il mio istinto piuttosto che esempi. Non puoi separare la musica dalle persone che la fanno ed il loro ambiente culturale. Non ho mai avuto una band funk preferita e probabilmente sono stato più ispirato da singoli 45 giri di gruppi oscuri piuttosto che dall’intero catalogo di qualche artista leggendario. Musicalmente parlando però, ho una spiccata preferenza per band con la chitarra: The JB’s, The Funk Brothers, The Isaac Hayes Movement, o anche i Beatles. Non sono un grande fan delle tastiere.

Nell’ultimo album ci sono sia strumentali che brani cantati da un ospite. Lavorate ad ambedue le tipologie di canzoni allo stesso modo? O cercate di adattare la musica al cantante?

Quest’ultima. Nella maggioranza dei casi, i pezzi sono scritti assieme al cantante e la strumentale è già concepita come tale sin dalla stesura della melodia. Quando lavoriamo con cantanti, cerchiamo di creare qualcosa che si abbini al loro stile, o almeno a creare qualcosa che si abbini bene ad un cantato. Nella nostra esperienza, quando si dà una strumentale finita a dei cantanti, è per loro difficile trovare il giusto spazio all’interno di essa.

Quali sono le maggiori differenze tra il vostro lavoro con Gizelle Smith e quello con Caroline Lacaze?

Sono ambedue fanciulle deliziose che hanno molto in comune, ma sono anche personaggi diversi, con storie diverse da raccontare e gusti e voci diverse, quindi la musica riflette queste differenze. La distinzione più ovvia riguarda la lingua in cui cantano, il che influenza la composizione, che cambia parecchio in base a se deve adattarsi all’inglese o al francese. Inoltre ci siamo sviluppati anche noi come band. Le canzoni con Gizelle risalgono a 5, 6 e 7 anni fa. A quel punto della nostra carriera volevamo sottolineare come potessimo creare uno dei migliori album sister funk possibili. Mentre per il disco di Caroline ci siamo probabilmente dati più libertà creativa, siccome non avevamo niente da dimostrare. Data la combinazione insolita di cantato in francese e musica soulful, quell’album credo sia più “fuori dagli schemi” di default. L’album con Gizelle è molto coerente, potente e pieno di ottoni, mentre per Caroline abbiamo sperimentato con altri suoni come le chitarre fuzz, l’organo filicorda ed il glockenspiel, di conseguenza estendendoci anche verso altri stili. Ambedue gli album continuano a piacermi esattamente come sono. Sono stati fatti entrambe con e per la cantante in questione, e tutti i coinvolti ci hanno messo moltissima passione.

Avete anche lavorato con Afrika Bambaataa, una vera leggenda. Come siete stati messi in contatto, com’è iniziata la collaborazione, e come continuerà?

Charlie Funk, anche lui della Zulu Nation e collaboratore di lunga data di Bambaataa, ha una serata fissa come DJ in un club di un mio amico qui ad Amburgo. In un’occasione invitò Bam a suonare qui per un DJ set al Reeperbahn Festival. Avevano sentito dei nostri 45 e ci hanno invitato a fare una breve performance con loro. Mentre preparavamo lo show, abbiamo scritto due pezzi che abbiamo registrato il giorno prima dello spettacolo. E’ stato fatto tutto sul momento, in maniera molto organica. Da allora siamo rimasti in contatto, e ci ritroviamo ogni qualvolta siamo nella stessa città. Abbiamo prodotto altre canzoni insieme, e sentirete sicuramente ancora altre collaborazioni tra The Mighty Mocambos ed Afrika Bambaataa in un futuro molto prossimo! (continua nella pagina successiva…)

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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