venerdì, Dicembre 13, 2024

Shit Robot – From the Cradle to the Rave (DFA Records, 2010)

Devo ammettere che al primo ascolto avevo frettolosamente liquidato quest’opera come una copia pedissequa degli LCD Soundsystem, non ricavandone un’impressione molto positiva. D’altronde Marcus Lambkin, DJ e mastermind dietro al progetto Shit Robot, è parte del collettivo DFA da almeno un decennio e, a onor del vero, l’impronta della casa madre in pezzi come Tuff Enuff? e Grim Receiver (con alla voce un altro pupillo dell’etichetta newyorkese, The Juan McLean) è piuttosto marcata. Ripercorrendo la biografia di Lambkin, tuttavia, ci rendiamo conto di come l’incontro con James Murphy sia avvenuto in tempi non sospetti, ben prima che quest’ultimo raggiungesse il successo commerciale nelle classifiche di tutto il mondo. È dunque lecito supporre che le eventuali similitudini fra i due indichino semplicemente un background comune a base di techno, electro, punk-funk e krautrock. Ma al di là di queste precisazioni, la verità è che From the Cradle to the Rave mi ha conquistato a poco a poco, imponendosi senza fretta fino a diventare una presenza fissa nel mio lettore. Le nove tracce che compongono l’album costituiscono altrettante escursioni nell’universo del ballabile: dimensione dove la cassa in quattro è una presenza costante, seppur di volta in volta asservita alle esigenze del pezzo. I Found Love è electro pura, condita da tastiere à-la-Carpenter e caratterizzata da un crooning baritonale che farebbe impallidire persino Barry White. Losing My Patience si muove su coordinate simili ma la voce di Alexis Taylor (Hot Chip) conferisce al pezzo inflessioni soul sul modello Moroder/Summer. D’altra parte Take’Em Up, cantata da Nancy Whang (LCD Sounsystem/The Juan McClean), potrebbe tranquillamente essere un out-take di Tracy Spencer e, forse anche per questo motivo, rappresenta una delle tracce preferite di chi scrive. Piccola perla anche Answering Machine, dove la vocalità black di Janine Rostron/Planningtorock e gli interventi degli archi contribuiscono ad alimentare un’atmosfera velatamente inquietante. Sul versante meno pop, stupisce la collaborazione con l’agitatore Ian Svenonius (fondatore, tra gli altri di Nation of Ulysses e The Make-Up) che in Simple Things (Work It Out) si esibisce in un nervoso rappin’ degno dei Suicide o degli Underworld dei tempi d’oro. Con I Got a Feeling siamo ad un crocevia tra la classe innata di Derrick May (quel loop di piano che fa tanto Strings of Life) e la volgarità di certa dance anni ’90. La conclusiva Triumph!!! combina bassi italo disco con tastierine kraute e vede la partecipazione alla voce proprio del guru James Murphy. Può creare dipendenza, ma tutto sommato ne vale la pena.

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco

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