venerdì, Maggio 3, 2024

Fela Kuti – Live In Detroit 1986 (Strut Records, Knitting Factory Records, 2012)

Detroit, la marcia motorcity caduta in disgrazia, con le sue fabbriche dismesse, la disoccupazione che già a metà degli anni ’80 comincia chiaramente a definirsi come un’emergenza sociale, i barboni accatastati alla maniera di vecchie cianfrusaglie agli angoli lerci delle strade, con le bottiglie avvolte nella carta marrone e negli occhi l’espressione bovina di chi non pensa più a nulla: Detroit, accogli il presidente nero e preparati a danzare davanti al sacro fuoco dell’afrobeat. Siamo nel Novembre del 1986, Fela Kuti è uscito da pochi mesi (Aprile) di galera, due anni di reclusione in Nigeria, incriminato per la lotta contro i dittatori del suo paese, in seguito liberato per le pressioni esercitate da Amnesty International; il Detroit Fox’s Theatre si prepara all’evento, si prepara alla leggenda. Prima uscita inedita a vent’anni dall’ultimo disco in studio (Underground System), Live In Detroit 1986 è un prezioso nonché imponente materiale pubblicato dalla benemerita Strut, prezioso perché fotografa un momento cruciale della vita dell’artista, imponente perché raccoglie tale performance in un doppio cd per oltre 140 minuti di musica; e dire che i brani sono soltanto 4, due per cd, dilatati all’eccesso, in una ritualizzazione del culto afrobeat che finisce per inglobare tutto, messa pagana, rito orgiastico, sacro e profano, lo ying e lo yang, col buon Fela ad officiare incontrastato ed assatanato. C’è tutto: jazz funk bollente e vendicativo, coolness, tribalismi, cori ancestrali, big band, ed ovviamente ritmo, ritmo e percussioni. L’Africa dei padri che invade e conquista con le stesse armi dei figli, l’Africa in America col suo grosso cazzo totemico pronta a trascinare tutto e tutti nel maelstrom. La furia di Just Like That, la reiterazione percussiva unita ai fumi jazz di Confusion Break Bones, il classico di Teacher Don’t Teach Me Nonsense, la chiusa di Beasts Of No Nation, con Fela ed il suo sax sopra ogni cosa, ancora una volta e per l’ultima volta. A quindici anni dalla sua morte, l’unico e vero black president rivive grazie alla potenza della sua musica. Album da avere.

Denis Prinzio
Denis Prinzio
Denis Prinzio è bassista di numerose band underground ora in congedo temporaneo, scribacchino di cose musicali per sincera passione, la sua missione è scoprire artisti che lo facciano star bene.

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