sabato, Ottobre 5, 2024

Contenders: Easterhouse e Derek Jarman

Nel 1986 Derek Jarman dirige due video per promuovere "Contenders", lo splendido debutto sulla lunga distanza degli Easterhouse, uno degli album più intensi e allo stesso tempo isolati del post-punk britannico. "Whistling in the Dark" e "1969", girati in Super 8 come altre clip dell'artista inglese, vomitano colori e impressioni di un nuovo ordine poetico nel corpo della città contemporanea, resistendo al percorso elettronico dell'immagine televisiva.

Morrissey e Ivor Perry, chitarrista degli Easterhouse, avevano corroborato stima e amicizia scambiandosi letture e stimoli durante la loro permanenza a Stretford. Non deve stupire più di tanto che il musicista di Davyhulme abbia sostenuto la band dei fratelli Perry invitandola a supportare alcuni concerti degli Smiths tra il 1983 e il 1985. Una connessione che viene stabilita durante la fase preparatoria della band fino a tutto il periodo di promozione legato all’uscita di “Contenders“, il primo lavoro sulla lunga distanza degli Easterhouse, pubblicato nel 1985 da Rough Trade.

Cresciuti nell’Inghilterra all’apice del Thatcherismo, gli Easterhouse, insieme ai The Redskins e a The Housemartins, assunsero posizioni molto critiche nei confronti del Red Wedge, il collettivo guidato da Billy Bragg, Paul Weller e Jimmy Somerville, per sensibilizzare gli elettori più giovani sulla necessità di sostenere le battaglie del partito laburista. Per The Redskins, band legata al Partito Socialista dei lavoratori (SWP), aiutare i Wedgers significava di fatto sostenere la leadership di un partito di destra.

Se si leggono le liriche di “Out on your own“, incendiaria traccia d’apertura di “Contenders”, è facile individuare una posizione simile anche per i fratelli Perry. La critica non negoziabile alla politica di Margaret Thatcher, un certo nichilismo di fondo che non riconosce alcun statuto rivoluzionario al Partito Laburista e ai sindacati, è il leitmotiv poetico di un album scurissimo, per suoni e intenzioni, che dal punto di vista politico trova un riferimento diretto nel sostegno del Revolutionary Communist Party fondato da Frank Furedi.

Tracciare il percorso di Furedi fino alla trasformazione del suo pensiero con la rivista Living Marxist, non può essere fatto in questa sede, ci basterà individuare alcuni elementi dell’RCP.

Nato su posizioni Trotskyste e considerato da alcuni storici come la copia carbone dell’SWP con un approccio più spregiudicato sul piano della comunicazione, il Partito Rivoluzionario Comunista partiva da posizioni di rigidità leninista per elaborare una definizione della realtà molto più individualista rispetto ai presupposti: Il loro sostegno al nucleare come energia potenzialmente più sicura e meno dannosa per l’ambiente, la politica verde ed ecologista bollata come pensiero dell’evasione, la vicinanza e allo stesso tempo la distanza dall’Unione Nazionale dei Minatori, l’opposizione contro le associazioni che operavano per l’informazione e la prevenzione sull’AIDS, considerate come una scusa e un volano per violare la vita privata degli individui.

Mentre SWP organizzava festival insieme a band come gli Steel Pulse, i Clash e i Redskins, l’RCP allestiva eventi dove la band di punta era proprio quella dei fratelli Perry.

Gli Easterhouse, tutti residenti a Manchester, presero il loro nome dall’ampia area abitativa della classe operaia collocata a Glasgow. A quella comunità si rivolgono con il singolo “Whistling in the dark“, dove il tradimento del partito Laburista è il centro del discorso, così come da un’altra prospettiva, il volto di Bobby Sands occuperà l’intero artwork del singolo di “Inspirations“, segno di un’attenzione mai sopita nei confronti della questione irlandese e dei “troubles”. Figli di immigrati, i fratelli Perry hanno vissuto le subdole e pervasive discriminazioni rivolte contro i residenti irlandesi in terra britannica, un razzismo strisciante che dalla vita sociale giungeva sino ai media specializzati nati in seno ad ambienti  cosiddetti progressisti. Proprio in “Get Back to Russia”, le liriche di Andy Perry individuano la difficile collocazione per chi esce da certe ortodossie “anyone who questions is an agitator, infiltrator / You’re entitled to your say, but nothing too extreme, that’s not the English way

Su questa complessa stratificazione politica ed emotiva, che non può essere ridotta all’adesione all’RCP di Furedi né ai cascami del combat rock, i fratelli Perry si inventano una nuova epica sonora, che se in parte desume numerose ispirazioni da quella dei Chameleons, dagli stessi Smiths e dallo spirito più soulfoul dei New Model Army, è anche il frutto di un innesto violento ed oscuro tra la voce potente e a tratti innodica di Andy, con le taglienti trame chitarristiche di Ivor, più vicine all’aura dei Joy Division e al rumore bianco delle produzioni Creation di quegli anni. Mentre i suoni ci portano spesso verso il basso, la sezione ritmica e la voce desumono l’incedere emozionale dalla tradizione northern soul, in una profonda e inconciliabile relazione tra la luce e le tenebre, la realtà politica e il desiderio. “Contenders” è un album di difficile collocazione, splendido e isolato, è tra i migliori episodi mid eighties del rock britannico e tra i lavori più ispirati di quella “malinconia mancuniana” che attraversa trasversalmente la storia del post-punk. 

La seconda connessione tra Morrisey e gli Easterhouse è Derek Jarman. L’artista britannico realizzò due video per i rispettivi singoli di Contenders, “Whistling in the Dark” e “1969“. Filmati rigorosamente in Super 8 come tutti i video musicali di Jarman, hanno più di un punto in comune con alcuni lavori prodotti per gli Smiths in quel periodo, in particolare la clip per “The Queen is Dead“.
Jarman, la cui attenzione transdisciplinare a forme e formati, trovava nel Super 8 un tramite per lavorare, pittoricamente, sul tempo e la materialità dell’immagine, insegue le proprietà fisiche della stessa nella granulosità della pellicola e attraverso la sperimentazione con le sorgenti luminose naturali. Nella strenua resistenza alle dinamiche del cinema mainstream, Jarman trova nei formati a passo ridotto, un’intimità che è anche connessione tra la sostanza del mito e l’immagine contemporanea. Le sue clip, in piena esplosione catodica del videoclip nella mutazione più generale che coinvolge tutta l’immagine “elettronica”, partecipano di alcune convenzioni coeve legate ai video musicali, per disinnescarne retorica e presupposti. Evitando la tendenza narrativa ormai predominante nella videomusica, colloca i performer al centro, ma per tornare ad una dimensione sensoriale, astratta e “pura” della relazione tra immagine e suono. Accelerazioni, sovraesposizioni, un montaggio imbevuto di costruttivismo vertoviano, ma allo stesso tempo, libero di inventare nuove connessioni visuali, tra la geometria degli oggetti, quella dei tagli e la presenza della figura umana.

Easterhouse – Whistling in the dark – Dir: Derek Jarman

Sono i corpi degli Easterhouse e questa figura femminile simile a quella di “The Queen is Dead”, che emergono dalla contaminazione sinestetica dei sensi offerta dal montaggio, come una breccia nel sistema stesso della costruzione audio/visiva. Da una parte lo storytelling astratto che segue la linea poetica delle liriche, dall’altra questa liberazione dalle immagini stesse che è anche un liberarsi dalla prigione urbana. “Whistling in the dark” viene girato nelle Docklands londinesi utilizzando più di un dispositivo Super 8. Camera a mano, ma non solo, anche supporti rostrom adatti alla formulazione di immagini che si avvicinano al cinema d’animazione, la cui presenza “pittorica” è definita chiaramente dall’ombra viola e da quella rossa che macchiano l’ordito geometrico creato dall’architettura urbana scomposta e ricomposta in un nuovo ordine visivo. 

Easterhouse – “1969” – Dir: Derek Jarman

Dipinto rosso sangue, il video di “1969” sfrutta le stesse location della clip precedente, ma è il colore prima sovrimpresso alle immagini che adesso macchia ed esonda nello spazio dell’inquadratura. Il rosso colora lo sfondo dove gli Easterhouse suonano, sporca le mura con una qualità materica, per essere poi sottratto dalle immagini di repertorio che mostrano momenti dei troubles. Mentre il brano esplora la presenza coloniale britannica in Irlanda del Nord con formidabili immagini impressioniste e allo stesso tempo di brutale concretezza ( “The savage beat of soldiers feet. Streets of broken glass / That crushed the lie of justice that England brings to foreign lands“) Jarman situa la propria lotta calandosi nel video come testimone armato di Super 8; una breve figura retorica di matrice metadiscorsiva che compare dopo i primi 20 secondi della clip, per poi ripetersi lungo la parete imbrattata di colore, quasi a seguire un tracciato secondo una prospettiva che si stacca dalla pretesa documentale, per elaborare una personalissima immagine di poesia sulla presenza traumatica dell’individuo nella città contemporanea, con il colore che diventa linea narrativa attraverso la quale sia possibile connettere memoria, Storia e poesia: “You have to draw the line sometime. And i draw mine

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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