sabato, Aprile 20, 2024

Lorem Ipsum, la Roma di Lucio Leoni: l’intervista

È uscito lo scorso 13 novembre il nuovo lavoro di Lucio Leoni conosciuto anche come “Bu Cho”, cantautore romano dalla formazione multiforme che all’esperienza teatrale, parte della sua carriera artistica, sovrappone la vena onestissima della canzone metropolitana, in un’accezione che dalle tradizioni della sua terra arriva fino al rap.

Non è un caso che “Lorem Ipsum” sia stato prodotto da Riccardo “Rico” Gamondi, metà degli Uochi Toki e rispetto ai quali Leoni rivela una certa affinità non tanto per il risultato del suo lavoro, assolutamente personale, ma per l’attitudine stradaiola e verace che invece di assestarsi sulla replica di modelli anglofoni, individua nell’aderenza alla dimensione locale, l’occasione per parlare una lingua estesa. L’album è assolutamente romano per i luoghi, le memorie, la vita di borgata, ma allo stesso tempo cerca di descrivere il caos metropolitano anche attraverso l’innesto di sonorità stridenti che dalla dimensione cantautorale si spostano verso l’attitudine punk.

Ma che tipo di punk è quello di Lucio Leoni? Più vicino allo spirito degli Uochi Toki che non alla forma rock’n’roll potenziata, se ne distacca per vena lirico poetica capace di mettere insieme l’anima di un cantastorie con quella più disincantata della sua generazione.

Abbiamo incontrato Lucio per fargli alcune domande sul suo nuovo lavoro

Lucio Leoni – A me mi

Ci racconti il lavoro con Riccardo “Rico” Gaimondi per “Lorem Ipsum”, è stato un contributo importante?

E’ stato fondamentale, vitale,centrale. Io di mestiere faccio il fonico in studio. Ma sapevo che non avrei potuto missare il mio disco, troppe implicazioni. Così mi sono chiesto chi sarebbe stata la persona più giusta per tirare fuori il mondo che tramite idee, canzoni, arrangiamenti e registrazioni avevo immaginato per Lorem Ipsum. La scelta è ricaduta su Rico che ammiro da anni come performer e ovviamente anche come produttore e sound engineer. Non ci conoscevamo, così gli ho mandato dei provinacci di prove in sala. Incredibilmente ha detto si, e dopo una serata passata a chiaccherare di musica e massimi sistemi per le vie di Fano s’è messo a lavorare, da solo nel suo FiscerPrais studio (dove credo avvengano cose indicibili). Il patto è stato chiaro: “io prendo i pezzi, me li mangio e te li restituisco senza possibilità di appello”. E’ stato un atto di fiducia il mio, non ho saputo nulla per 1 mese e mezzo e poi è arrivato il disco così come lo sentite ora. Credo che Rico abbia capito completamente il senso di quello che stavo cercando e che abbia messo tanto cuore e tanta energia nel lavoro, almeno io la sento. Sono mondi molto diversi i nostri, io scrivo canzoni lui devasta subwoofer con suoni che arrivano direttamente dal lato oscuro della forza, ma il capolavoro, secondo me sta li: in fondo entrambi abbiamo cercato una strada, giusta o sbagliata che fosse, e l’abbiamo fatto entrambi nel rispetto pieno del lavoro dell’altro. Al di là del lavoro sonoro nello specifico, che si sente e si apprezza ascoltando il disco, la cosa che ha reso il suo lavoro tanto importante è stata la sincerità della ricerca di una via possibile, un’altra.

Perché “Lorem ipsum” come titolo e la decisione di sostituire i testi originali nel booklet con un latinorum improvvisato?

Lorem Ipsum come spiegato in quarta di copertina è Il Testo Segnaposto, ovvero un testo che si utilizza nel mondo grafico per giustificare le impaginazioni di siti/pagine e quant’altro prima che arrivi il contenuto ufficiale. E’ un testo inventato o estratto da qualche scritto di Cicerone, insomma la sua origine non è molto chiara ma esiste da parecchio ed è in infinito; mischia il latino all’inglese e non ha significato alcuno. Mi piaceva l’idea di puntare su un non-contenuto come concetto per il disco, un po’ polemico se vuoi ma interpretabile a diversi livelli. I testi nel booklet non sono altro che altri estratti di questo testo immaginifico che vuol dire tutto e non vuol dire niente. E’ un po’ come a dire: “ma che davvero ancora qualcuno legge i testi? Ascolta le parole?”

La Roma che racconti ci è sembrata sorprendente. Vera, non convenzionale, anche rispetto alla città raccontata da altri autori tuoi concittadini, il punto di vista sembra quello quello di un lungo racconto di formazione, come mai questa scelta?

Roma è un casino. Chi c’è nato e cresciuto lo sa bene. Al di là dell’ingrippo burocratico a tutti i livelli, al di là del traffico, al di là del volemose bene, Roma è un problema per i romani. E’ come la mamma quando hai sedici anni e sei in piena crisi adolescenziale, solo che lo è per sempre: la odi con tutto te stesso, ma è tua madre. E’ talmente forte che ce l’hai addosso pure se non te ne accorgi, ed è inevitabile che se ci cresci dentro ti forma, nel bene e nel male.
Io ho genitori romani, due romani diversi: mia mamma è lo scarto evolutivo del romano, papà invece faceva parte di un mondo romano che come è normale piano piano sparisce. Io sono il frutto di questo mix, da un lato spero che diventi una metropoli europea viva, accogliente, moderna, dall’altro a quel mondo di borgata sono molto affezionato. E’ disperante per noi vederlo sparire, c’è ancora e già ci manca, noi a Roma siamo in grado di provare nostalgia per il futuro.

E la sinistra di ieri? Davvero il nome di Achille Occhetto ti faceva ridere?

La sinistra di ieri si chiamava PCI. Achille Ochetto è colui che ha cambiato un po’ le carte in tavola no? In quella frase ci sono un paio di livelli….uno è che si all’epoca achilleochetto detto senza pause mi faceva molto ridere, l’altro va scovato.

E quella di Oggi?

Quale?

Ci viene spontanea una domanda, per la doppia natura di Indie-eye (Cinema e Musica). Che ne pensi della Roma marginale (che poi è Ostia) raccontata da Claudio Caligari? È stato un cinema importante per te e per la tua generazione? Te lo chiedo anche in relazione alla feroce ironia con cui in “A me mi” racconti la tua, di generazione (merendine, giocattoli e bim bum bam)

Amore tossico è un film centrale per la generazione subito precedente alla mia, più che per la mia. Indubbiamente è un’opera importante anche per me anche se sono arrivato poco dopo. Ma tra Ostia e Rebibbia (dove sono nato e cresciuto) non c’era molta differenza quando ero bambino.
Non essere cattivo (me ne vergogno) ma ancora non l’ho visto, pensa…ho fatto pure un provino per il film…

Appena “Lorem ipsum” parte si ha la sensazione di un’immersione senza compromessi in un free talking velocissimo, poi, sempre a sorpresa arrivano le radici più intime e confidenziali di un certo cantautorato romano, ci riferiamo a “Domenica”, “Tavolino” e “Fuori da qui”. Come hai conciliato questi due aspetti e soprattutto, per te che affinità ci sono tra questi due mondi musicali ?

Come ti dicevo rispetto al discorso fatto per Rico ; sto cercando una strada. Sono molto legato alla musicalità romana in senso stretto, mi diverte, mi immaliconisce (quella malinconia bella però), ma allo stesso tempo provo a fare un lavoro di rilettura, di crescita. Non mi interessa riproporre vecchi stilemi, se dobbiamo conservare una memoria credo che il nostro compito sia quello di portare quei mondi nel 2015 e farli attraversare da quello che succede oggi. Le affinità non so se ci sono, io provo a fare un disco equilibrato e coerente pur attraversando sonorità diverse, a volte ci riesco a volte no.

Ci ha colpito molto la formazione teatrale nel tuo modo di cantare, sia che si tratti dell’approccio più recitativo che di quello più tradizionalmente cantautorale, è una novità rispetto all’approccio incondizionatamente urbano con cui si affronta questo tipo di musica, quasi fosse una fusione tra tradizione e rabbia, strada e palco. Cosa ne pensi?

Ho fatto teatro per dieci anni. Di quello di rabbia come dici tu, di strada, di compagnie piccole e incazzate che ci provano, quello che per me è il teatro più bello, più puro. Ho lavorato tanto con il Living Theatre e questo sicuramente è entrato nel mio modo di fare musica. Musica e Teatro sono intimamente legati dalla Parola che ne è il cuore e tra le due forme performative non vedo molte differenze.

“Fuori da qui” ci è sembrato il brano dove confluiscono tutti gli elementi che ti hanno ispirato, il racconto cantautorale, il free talking del rap, il teatro popolare. È così?

E’ un brano a cui sono molto legato, è dedicato a mia sorella che è una persona fondamenale per la mia vita e per la mia formazione. E’ vero dentro c’è un po’ tutto il disco, mi hai fregato, non me ne ero accorto.

Nei brani più vicini alla forma canzone ci sembra che emergano alcune influenze importanti, ci è venuto in mente Daniele Silvestri, è un abbaglio?

E’ uno che ho ascoltato tanto e amato altrettanto. Sicuramente qualcosa mi deve essere entrato e in qualche modo esce fuori qua e là. Ma come lui molti altri. Insomma non si fa musica dal nulla, si ascoltano i padri, se si può li si supera sennò gli si è debitori a vita.

La scola di “Prima campanella”. È stata un’esperienza così traumatica per te?

No in realtà no, è stato un periodo molto felice della mia vita…è un pretesto per parlare di crocifissi imposti e carte igieniche assenti.

Roma si può capire solo girandola a vuoto, come Nanni Moretti in Vespa o come tuo padre che ti caricava sulla macchina scassata?

Roma nun se po’ capì. Roma o te l’accolli oppure no. Vespa, macchina, bicicletta, MetroC, cambia poco.

Cosa è cambiato oggi, rispetto alla Roma che vedevi con tuo padre?

E’ un po’ più fredda, più scontrosa. In quella Roma la si cantava per strada e ci si conosceva col pizzettaro o il carrozziere; ci si dava del tu e si rideva tanto. Oggi un po’ meno e non si canta più. Almeno non quanto basta.

 Come porterai dal vivo i brani di “Lorem ipsum”?

Sto sviluppando 3 situazioni per essere il più possibile flessibile alle necessità. In formazione completa siamo in 6 ma è difficile girare così. C’è un duo acusticissimo con cui facciamo Punk molto verboso e un quartetto più elettronico che prova a gestire atmosfere più teatrali appunto.

Bruno Martini
Bruno Martini
Bruno: una laurea in scienze politiche, musica italiana tra gli ascolti principali, e un amore viscerale per tutte le british invasion

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