giovedì, Marzo 28, 2024

Videomaker around the world – il format di Stefano Poletti. Il terzo episodio in esclusiva su indie-eye

Sono otto gli episodi che Stefano Poletti ha girato a Los Angeles per raccontare la sua professione. Uno dei videomaker più noti e talentuosi del nostro paese abbandona le tentazioni tutorialistiche che abbondano in rete e ci propone una visione dall’interno e sul campo di un mestiere complesso e fatto di sinegie. Format veloce, divertente e anche visionario, lo ospitiamo volentieri per tre volte, a partire dal terzo episodio ambientato in quel di Seattle.

Insieme agli episodi un’intervista che proporremo tripartita.

Il primo step di “Videomaker Around the World” sarà la pubblicazione di otto epispodi sul viaggio a Los Angeles, più un video-inchiesta di interviste. “A videomaker in Los Angeles” parlerà dell’esperienza e delle peripezie vissute da Stefano durante le riprese di un cortometraggio negli States. Dai problemi con il visto d’ingresso, fino all’abbandono da parte dei produttori americani del progetto, passando per litigi con i clochard, strane modelle, ville di lusso e punture di ragno… il tutto sempre con l’attenzione necessaria alle dinamiche tipiche di questo mestiere: i giorni di pre-produzione, le prove con gli stunt-man, il casting, la scrittura della sceneggiatura.

Stefano Poletti in rete

Stefano Poletti, dopo essersi laureato in Cinema a Bologna, si sposta a Verona per collaborare con la RunMultimedia di Gaetano Morbioli come autore e assistente alla regia per una cinquantina di videoclip di noti artisti italiani, tra cui Laura Pausini, Tiziano Ferro, Renga, Bennato e molti altri. Proprio in quegli anni affronta da solo le prime regie importanti, tra cui il seminale “Charlie Fa surf” per i Baustelle. Dopo essesi spostato a Milano, città dove vive e lavora in svariati campi, dall’advertising alla televisione, ha diretto videoclip per Nek, Irene Grandi, Baustelle, Tricarico, The Zen Circus, Motta e molti altri, con una videografia di tutto rispetto che può vantare più di 150 titoli.

Perchè la necessità di raccontare il tuo lavoro con un format di questo tipo?

L’avvento di nuove tecnologie (cellulari, videocamere SLR, gopro…) ha portato la professione del videomaker “alla portata di tutti”. Su YouTube esistono centinaia di video tecnici di
recensioni di attrezzatura, tips and trick, tutorial di editing… nessuno però racconta la “vita quotidiana” di un videomaker, i suoi viaggi, le sue esperienze sul lavoro, le difficoltà e i
successi. Ho pensato di fare una serie “Videomaker Around the World” e mostrare il “dietro le quinte” della mia professione: la pre produzione di uno shooting, l’accounting col cliente, le gare creative, i casting, le location, lo scouting… insomma tutto quello che sta dietro al prodotto finito multimediale, nonché il suo rapportarsi con gli altri e con il mondo

In questo episodio sei a Seattle di passaggio. Cosa ti porti dietro dalla città di Cameron Crowe?

Sono stato solo un paio di giorni a Seattle e pioveva sempre! A parte il tempo, mi è sembrata la città più tranquilla del mondo e le persone che ho incontrato mi sono sembrate molto amichevoli. Bisogna però dire che ormai la città è di proprietà di Amazon e Facebook. Tutti i palazzi in centro sono di proprietà di queste due grandi multinazionali e la maggior parte di persone che vive nella city ha un posto fisso all’interno di queste aziende. Forse c’è da spaventarsi!

Ci racconti in dettaglio l’esperienza che hai vissuto negli Stati Uniti dal punto di vista produttivo?

Sono stato contattato da un piccolo produttore italiano per la realizzazione di un cortometraggio. Non ho lavorato con mezzi “Hollywoodiani” ma comunque il clima di tutta la crew, è stato quello di voler contribuire con tutte le forze ad un prodotto di altissima qualità.

Quali sono le differenze che hai trovato tra il lavoro di produzione in Italia e quello negli states, tenendo conto dei pro e dei contro in entrambi i paesi.

Lavorare a Los Angeles, vuol dire soprattutto avere a disposizione qualsiasi risorsa cinematografica. Dall’attrezzatura, all’oggettistica, ai costumi, agli studios, alle professionalità richieste. E’ tutto a portata di mano ed è tutto di alta qualità.

In Italia c’è ancora spazio per l’invenzione e il talento? Ti faccio questa domanda chiedendoti di tener conto dei seguenti fattori: budget, saturazione del mercato, cultura audiovisiva.

Sono un fan dell’Italia, l’invenzione ed il talento non mancano, come anche la cultura audiovisiva. Il problema è che molto spesso ci si deve scontrare con problemi di budget che per forza di cose obbligano a ridimensionare alcune scelte artistiche. Molti dei lavori che ho fatto in questi anni hanno risentito di questo aspetto, ma siamo italiani, perciò sappiamo benissimo anche come “arrangiarsi” alla grande.

Come mai secondo te l’ottanta per cento delle promozioni che si occupano di musica in Italia offrono uno spazio limitatissimo ai registi di videoclip (ad eccezione di indie-eye). Il video viene percepito, anche dalla stampa specializzata, ancora come una “cosa” del musicista e tranne rari casi il nome del regista appare in calce, senza alcun criterio analitico che ne esamini il lavoro, lo stile, la poetica, il contesto produttivo…..

Purtroppo ciò che manca in Italia è la cultura del Videoclip, e questo è dato soprattutto dal fatto che fino a qualche anno fa, a differenza di altri paesi, solo gli artisti major li realizzavano. Ed erano perlopiù videoclip di dubbio gusto. E’ mancata quell’ondata di produzione indipendente negli anni ’90 ’00 (vedi, Spike Jones, Chris Cunningham, Michel Gondry) che ha caratterizzato l’innalzarsi del videoclip Italiano come arte.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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