lunedì, Aprile 29, 2024

Banjo or Freakout – s/t (Memphis Industries, 2011)

Se nel caso dei torinesi Disco Drive il silenzio reverenziale sarebbe d’obbligo stando alla preziosità di album come What’s wrong with you, people? di Alessio Natalizia, in qualità di unico socio accomandatario della faccenda Banjo or Freakout ed ugola adenoidale di quella primigenia, se ne desiderava davvero una conferma, nonostante gli efficaci preludi abilmente centellinati in rapsodici ep e gustosi cofanetti natalizi ma, soprattutto, dopo averlo di recente intercettato, in veste di mentore, per multiformi prodigi avant (vedasi all’uopo i Drink To Me). Conferma puntualmente qui giunta a mezzo della inglese Memphis Industries, licenziataria di questo omonimo debutto. Ben coadiuvato da Nicolas Verhens (già al lavoro con Animal Collective, Deerhunter, Dirty Projectors) oltre Matt Tong dei Bloc Party, Bof tira fuori un lavoro intriso di coerente bellezza, stratificato su una sensibilità altra e colmo di riferimenti dotti pur ancorato, come è, alla agilissima dimensione low-fi in cui un unico personaggio, un laptop per amico, interpreta tutti i componenti della sua “band perfetta”. Apre la mercuryreveiana 105, reperto catchy da custodire gelosamente tanto quanto  Dial:Revenge dei Mogwai featuring Gruff Rhys, mentre le trame s’infittiscono in Go ahead, con la certezza che nessuno si accorgerà di aver inopinatamente inserito Bof alla lettera S tra Slowdive e Spiritualized. Non, tuttavia, un saccheggio della diligenza dreamy predata con violenza, ma abile assuefazione di nuances oniriche alla definitiva portabilità verso qualcosa di assai godibile. Can’t be Mad For Nothing e From Everyone Above spostano il baricentro verso il collettivo animale ma prima di derapare rovinosamente, Move Out, Idiot Rain e Dear Me s’incaricano di sorreggere la colonna sonora del nostro video 8 ingiallito, quello di quel viaggio da Liverpool a Stoccolma, con qualche aiutino lisergico e la leggerezza pop adolescenziale; la stessa che non fa arrossire Fully Enjoy e Black Scratches dinanzi alle nudità dei Blonde Redhead o che permette alla conclusiva I Don’t Want to Start All Over Again di flirtare con la folktronica intelligentemente e senza innamorarsene. Ne residua qualcosa che pugna con furore contro la chimica ed ineludibile contezza del mattino dopo aver, per 40 minuti scarsi, indotto l’alchemico, fascinoso ed avvolgente torpore notturno. E vorresti non svegliarti.

Francesco Cipriano
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Francesco Cipriano classe 1975, suona da molto tempo e scrive di musica.

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