Sid & Nancy di Alex Cox, in un approfondimento critico dedicato al film e al bellissimo doppio Blu Ray pubblicato dalla tedesca Turbine, che contiene moltissimi contenuti extra e un documentario bonus sulla relazione tra Sid Vicious e Nancy Spungen
Senza smentire né confermare se la relazione con l’altro da sé sia psichica oppure rivelata, la post-metafisica dei Philippou prosegue nel lavoro di sabotaggio della realtà ordinaria già introdotto da “Talk to Me”. In "Bring Her Back" l’irresolutezza del trauma sostituisce il trascendente con una visione radicale e profondamente tragica, dove l’orrore affonda le radici nel lutto e nell’impossibilità di superarlo con l'esercizio del perdono e della pietas. A chi appartiene il dolore e chi può reclamarlo come esclusivo?
Il primo film di finzione dell'estone Liina Triškina‑Vanhatalo, già visto al PÖFF e al festival di Varsavia, sonda i limiti del ruolo materno per raccontare un sentimento estremo nella sovrapposizione tra amore e controllo, protezione e sorveglianza, cura e coercizione. L'ossessione dell'assedio è un'illusione che modifica la percezione della realtà.
La bella di Gaza esiste solo nello spazio transizionale della notte. L'indagine di Yolande Zauberman alla ricerca di una donna trans fuggita dalla striscia per rifugiarsi a Tel Aviv, trova ben altro nella testimonianza plurale di quei soggetti che hanno ridefinito il proprio corpo alla luce di un'inedita, potenziale laicità, totalmente negata oppure a rischio. Tra due territori, lo spazio notturno diventa un'isola. Sullo splendido film politico di Yolande Zauberman
La vertigine cinematica di Cattet-Forzani riattiva ciò che nelle immagini "già viste" non era stato completato, attraverso il riscatto radicale della scrittura. Su "Reflection in a Dead Diamond", nelle sale italiane grazie a Lucky Red
Bucha, vero e proprio individuo urbano, dotato di organi sociali danneggiati oppure messi a dura prova dall'urgenza del conflitto. Sono i rituali connessi ai gesti della quotidianità che possono attivare una ricostruzione prima simbolica, poi concretamente legata al corpo collettivo in transizione. Mila Teshaieva e Marcus Lenz tornano nella città ucraina e realizzano un potente racconto di storie minime intrecciate al futuro individuale e comunitario. Dopo lo spaesamento per la distruzione, l'occhio dei due documentaristi segue, drammaticamente, l'instabilità del reale e cerca di ricostruire significato contro l'annullamento forzato di una pulsione genocidiaria che arriva dall'esterno. La recensione di "Shards of light", programmato qualche giorno fa allo Sheffield DocFest 2025
Antropophagus non è un film sul cannibalismo come fenomeno etnografico, ma come trauma simbolico. È un horror domestico, dove il tabù serve da specchio per l'implosione dell’identità europea, della mascolinità ferita, della civilizzazione fallita. Note sul film di Joe D'Amato e sulla bella edizione Blu Ray proposta dalla francese Video Popcorn Editions