sabato, Luglio 27, 2024

Blank Realm – Illegals In Heaven: tra psichedelia e kiwi pop

Che gli australiani sappiano bene come unire aggressività e visionarietà rock e melodie memorabili non lo scopriamo certo oggi, negli ultimi quarant’anni abbiamo avuto decine di esempi di questa loro attitudine, innata o no che sia, dai Radio Birdman agli Hoodoo Gurus fino ai Tame Impala dei primi dischi.

I Blank Realm da Brisbane si sono aggiunti da qualche anno alla schiera dei loro predecessori con una serie di album (Illegals In Heaven è il loro quarto con tutti i crismi dell’ufficialità) che li ha pian piano imposti all’attenzione internazionale, portandoli a firmare per un’etichetta di tutto rispetto come la Fire Records e a guadagnarsi la stima di critica e pubblico.

La loro formula negli anni ha subito qualche aggiustamento, ma la caratteristica di base è rimasta la stessa, cioè la ricerca di equilibrio tra melodia e rumore. Se nelle prime prove gli australiani stavano tra il lo-fi garage degli ultimi anni (non a caso un paio di loro uscite a inizio carriera furono per la Not Not Fun), il caos organizzato dei Sonic Youth e le iterazioni dei Velvet Underground con in più una buona dose di nebbie psichedeliche, in questo ultimo disco si sono spostati verso lidi più pop, attingendo all’altra grande scuola musicale dell’Oceania, cioè il kiwi-pop neozelandese, senza però rinunciare all’amore per Lou Reed e soci, che possono essere considerati il trait d’union della loro discografia.

La svolta attuata in questo disco esalta la loro capacità di scrivere grandi melodie, cosa che già si intuiva nelle prove precedenti ma che qui giunge a pieno compimento, con gemme di pura semplicità come Palace of Love, che attinge molto dallo psych-pop dei The Clean e che si candida ad essere la Tally-Ho del nuovo millennio, tallonata dall’altrettanto ottima River of Longing, forse più vicina ai Verlaines, per restare in Nuova Zelanda. Si resta su alti livelli anche quando i suoni si dilatano avvicinandosi ad atmosfere velvetiane, vedi Cruel Night o la conclusiva Too Late Now, che superano i cinque minuti senza perdere freschezza seppur con un sottile e dovuto senso di inquietudine.

Una bella conferma per una band sempre più rilevante.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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