venerdì, Aprile 19, 2024

Sin Fang – Summer Echoes (Morr, 2011)

Numi a parte ed epiteti più o meno incerti torna, a due anni dall’ultimo Clangour, Sin Fang (questa volta senza il Bous), ai più conosciuto anche come Sindri Már Sigfússon ovvero eccellente penna degli islandesi Seabear. E seppur vagamente riallacciato a quella botta di savoir faire low-fi che fu la precedente release, questo Summer Echoes (a noi giunto sempre per il tramite della Morr) si tuffa invero in un mare ancora più vasto, fatto di cliché ormai sdruciti e pratiche logore, dove “equilibrio” rischia di diventare un concetto troppo fugace ed (ahimè) incomprensibile e dove pesa, come un macigno, l’onere di provare a tutti, ancor più che a se stesso, quanto l’appellativo di “Beck islandese” sia più che meritato. Le dodici tracce di questa release culminano così in una rivisitazione adulta e più calibrata di quelle stesse intuizioni, sapientemente dinoccolata tra la nicchia ed il mainstream, tra osare ed averne paura, seguendo un continuo rincorrersi ed alternarsi di ottimi spunti e prassi assodate. Ne vien fuori un album modesto, stretto tra la voglia di ribadire cose già dette e la spinta ad urlarne di nuove ma a denti stretti e con l’abito buono della festa. Posticce sembrano infatti le ambientazioni bizzarre à la Andrew Bird (Fall down slow) o le nenie arcadiche già immensamente promanate da Sufjan Stevens (Because of the blood) e dallo stesso Beck (quello originale, si badi), si ascolti Easier e Rituals. Seppur con il proprio stile poi, le ovunque presenti divagazioni esotiche o “echi estivi” (a volerla dire con Sindri) spaziano su una scala cromatica che al giallo di Sing from dream, in cui sorseggiamo il nostro sidro sulle spiagge di Waikiki e Banhart in cuffia, alternano il rosso scuro afro di Always everything, in cui talune cose potrebbero ricordare i Blk Jks meno incazzati, tralaltre citare, senza nascondersi, le salmodie Flaming Lips ma sempre con quella atavica aurea da bosco incantato, tipica del folk islandese (Choir). Un album che, in qualche modo, riavvicina Sin Fang al ceppo d’origine degli ormai sdoganati Seabear mentre, in parecchi si sarebbero aspettati (o avrebbero auspicato) un ulteriore scatto in avanti nella direzione indicata da Clangour. C’è però anche tanta gioia da infondere e tracce come Nothings e Slowlights così meravigliosamente striate di surf la prima, e di follia lucida la seconda, messe in fondo quasi a volerci stringere la mano in un arrivederci, ci annunciano che ci sarà ancora del bello da ascoltare nei lavori di questo gnometto avant-folk di indiscutibile talento. Non possiamo che aspettare, allora.

Sin Fang su myspace

Francesco Cipriano
Francesco Ciprianohttp://admin
Francesco Cipriano classe 1975, suona da molto tempo e scrive di musica.

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