Fauve! Gegen A Rhino – Polemos (Bedevil, 2012)

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Polemos: il demone della guerra; per Eraclito, “il padre di tutte le cose”. Origine di ogni evento, dicono i Fauve! Gegen a Rhino sul loro Bandcamp; perché il nuovo lavoro dell’ormai duo (Andrea Lulli e Riccardo Gorone) può definirsi a tutti gli effetti un concept (un po’ concettoso), nato dall’assemblaggio di tre precedenti EP distribuiti in rete che, già dai titoli, riflettevano sul tema della lotta, sui suoi presupposti, il suo compiersi e le sue conseguenze. Ai tre lavori oggi corrispondono le tre diverse sezioni, composte da cinque brani ciascuna, di un disco, denso, di difficile interpretazione, misterioso e sfuggente, sospeso com’è tra suggestioni ed influenze disuguali, convogliate in un suono elettronico, articolato ed oscuro, seppure monolitico.
Alla prima parte (che come a ricordo dei CCCP della danza e della militanza di un Ferretti non ancora bollito del tutto, non ancora illuminato sulla via di Cerreto Alpi, titola When You’re Dancing You’re Struggling) sono affidate le riflessioni sul concetto di evento (bellico, meccanico, naturale, quotidiano), costruite ora sulla memoria di certi Boards Of Canada (il campione vocale ed i synth retrò su base post-glitch di Andeken); viranti, ora in electro dark (Resistor-Inductor), ora in imperative marzialità à la Militia (Kai Entaùtha), ora in vibrante sampledelia post-techno (Ghaznavids-Seljuq, Bayeux Tapestry).
La seconda sezione del disco, dice della “quiete dopo la tempesta” ma anche dell’imminenza di un nuovo conflitto. Sono i tribalismi prosciugati dell’introduttiva The Word Before; gli arpeggiatori e le pulsazioni da club post 21/12 di Diplopia; la cosmogonia industriale di Ottakring (ad un passo dagli Scorn) e la cacofonia ambientale di Wobbler (la preparazione di un nuovo conflitto) e Lepanto (la partenza).
Alla fine è il crepuscolo, un ennesimo dopoguerra carico di tensioni e tragedia; di riflessioni minimal wave sul valore dell’esistenza (Naked Life) e sulla sua precarietà (Serse); di cinematiche distese da Picnic ad Hanging Rock rotte da squarci di synth ed agitate da nevrosi ritmiche (Sweeping Of The Day). E quando tutto sembra davvero concluso, è l’inquietante vociare di C’est La Guerre! a disilludere ogni aspettativa di requie, richiamandosi ad una ciclicità tragica ed infinita che non dà scampo.