giovedì, Aprile 25, 2024

Santo Barbaro – Geografia di un corpo: la recensione

I Santo Barbaro sono tornati: dopo Navi, il disco del 2012, sembrava infatti giunta al termine l’avventura della band forlivese guidata dal cantautore Pier Alberto Valli e dall’arrangiatore Franco Naddei, ma evidentemente non era così.
Scossi da quel demone interiore che è, o almeno dovrebbe essere, la maggior spinta a fare musica ed arte, i due si sono ritrovati in questo 2014 a registrare un nuovo disco, Geografia di un corpo, a sorpresa e contro ogni aspettativa visti gli annunci dello scorso anno. Per farlo si sono attorniati di una bella schiera di collaboratori, ben sette, che hanno prestato la loro opera a turno negli undici brani del disco, registrati tutti in presa diretta per far capire ancora meglio l’ineluttabilità della chiamata alle armi musicale sentita dai Santo Barbaro.
Come naturale conseguenza di tutto ciò, Geografia di un corpo è il disco più urgente e diretto tra quelli registrati dalla band finora, quello più rock, grazie anche alla potenza di fuoco strumentale dei musicisti coinvolti, con la rinuncia alle tessiture elettroniche che per esempio impreziosivano Navi.
Si parte con le chitarre lanciate e il basso pulsante di Lacrime di androide, che fa tesoro della lezione di Ian Curtis e compagni, come già fecero i primi Editors, incrociandola con la classica salmodia di Giovanni Lindo Ferretti, e già si capisce il mood che ci accompagnerà per il resto dell’album: un crepuscolo dell’anima dove amore e rabbia si fanno compagnia. Nei brani seguenti cambiano i riferimenti sonori, pur rimanendo di matrice wave e abbastanza darkeggiante, con qualche riferimento ferrettiano che emerge qua e là. Ad esempio Cosmonauta è psichedelia al rallentatore di ottimo livello, Zolfo e In memoria di nessuno blues claustrofobici con ossessivi giri di chitarra, Corpo non menti e Ora il presente nuovi giri in nervosi territori Joy Division, Finché c’è vita una passeggiata minimale dalle parti della Linea Gotica.
Ad unire il tutto ci pensano gli ottimi testi di Valli, che ci fanno riflettere su vita, amore e morte, i temi che solitamente scatenano il demone interiore citato poco fa, demone che questa volta ha sicuramente fatto un buon lavoro, come spesso del resto.

Fabio Pozzi
Fabio Pozzi
Fabio Pozzi, classe 1984, sopravvive alla Brianza velenosa rifugiandosi nella musica. Già che c'è inizia pure a scrivere di concerti e dischi, dapprima in solitaria nella blogosfera, poi approdando a Indie-Eye e su un paio di altri siti.

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