Woodkid – L’incontro @ Europavox, Clermont-Ferrand, 25 Maggio 2012

Yoann Lemoine, classe 1983, aka Woodkid, intervistato da indie-eye.it durante il Festival Europavox a Clermont Ferrand

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Lo definiresti un concept album?
No, non lo definirei tale. È più vicino al mondo cinematografico, semmai. C’è una storia, non propriamente una narrativa, ma c’è un gusto per il dettaglio e un tema ricorrente che attraversa l’intero album.

Musicalmente, che cosa unisce il disco?
È un insieme di tutti i codici musicali che mi hanno aiutato a rappresentare l’età adulta. Codici religiosi, marce militari… ci sono un sacco di tamburi, cori russi, ottoni molto epici, quasi sacri, arrangiamenti d’archi assai sontuosi. Ci sarà un pezzo sul disco dal nome Stabat Mater che fa riferimento alla musica classica.
Lo senti come un disco più europeo o più americano, visto che vivi a cavallo tra i due continenti?
Uhm, non credo sia più europeo. A volte ho questo modo di cantare, non lo definirei un vero e proprio accento, che finisce per appoggiare la lingua inglese su una prosodia più francese. Credo aggiunga una nota di stranezza più che positiva per la mia musica, perché a volte da emozionale si trasforma in qualcosa di un po’ più distaccato.

Lo consideri un disco pop?
Senza dubbio.

Un po’ d’avanguardia forse?
No. Pop, ma con qualcosa di diverso dal solito.

Senti la tua musica molto lontana dagli artisti mainstream pop per cui hai lavorato come regista, come Rihanna, Katy Perry e Lana del Rey?

Non direi che è poi così lontana. È solo prodotta in maniera diversa, non necessariamente radio-wise. Non ho nessuna difficoltà ad interagire con questi artisti, sono anzitutto miei amici, perché ho sempre bisogno di molta naturalezza quando lavoro. E anche i video che ho realizzato per loro cercano in qualche modo di portare il mainstream a un altro livello, realizzando qualcosa di più imprevedibile e più artistico.

È uscito da pochissimo il video del tuo nuovo pezzo Run Boy Run e dopo quattro giorni si contano più di 500.000 visite su YouTube. Ti aspettavi una tale risonanza?
Non direi. A volte ti rendi conto che una cosa è di successo solo… durante. E poi non sempre sai come interpretare quel successo: forse le stesse persone che guardano e riguardano il video più volte? Non mi fido molto dei numeri. Mi fido molto di più dell’impatto che la musica e l’arte hanno sulle vite delle persone.

Quanti altri video seguiranno ad Iron e Run Boy Run?
È una pentalogia, cinque video in tutto. Chi segue il mio lavoro dovrà aspettarsi qualcosa di molto più emotivo. Leggermente diverso ma sempre nello stesso stile, perché la continuità è prevista dal progetto. Sempre bianco e nero e… un cameo d’eccezione!
Brooklyn è davvero un bel pezzo. Puoi spiegare la sua genesi?
Ho vissuto a Brooklyn per più di due anni e lì ho avuto un sacco di storie d’amore, non solo con persone, ma con il posto, con il mood e la musica che mi ispirava. Di fatto però non è necessariamente un inno a Brooklyn. Se ascolti il testo attentamente ti rendi conto che Brooklyn è solo un prestanome per le emozioni vissute in un posto, potrebbe essere qualsiasi altro posto importante per qualcuno. (continua nella pagina successiva…)