venerdì, Dicembre 6, 2024

Fabio Cinti – Forze Elastiche: tra pop e filosofia

Fabio Cinti, che ha una notevole formazione teorica e artistica, si muove da Roma a Milano per esordire discograficamente con un album legato alle sue esperienze teatrali (Musica per lavare i piatti) e proseguire in altra direzione con l’esempio delle Mele nel 2011, ovvero dieci anni dopo, album che viene sostenuto da una serie di nomi d’eccezione tra cui Morgan, Pasquale Panella e Massimo Martellotta dei Calibro 35.

Morgan, con cui ha scambiato un lungo periodo di amicizia e condivisione artistica è al centro di un suo romanzo intitolato “Un anno d’amor(gan)“. Con Castoldi sono proseguite le suggestioni, le influenze reciproche, le passioni condivise (quella per David Bowie, per esempio) e anche lo scranno di XFactor. L’opening act dell’apriti sesamo tour di Franco Battiato inaugura anche un’altra collaborazione, quella con Paolo Benvegnù. Madame Ugo, terzo album di Cinti, oltre a Battiato ospita infatti anche l’ex Scisma che a distanza di tre anni tornerà a collaborare nella veste di produttore artistico per questo ultimo Forze Elastiche, quinto album della sua carriera che vede la partecipazione di artisti come Nada, Massimo Martellotta, The Niro e Alessandro Grazian.

Nella dichiarazione di intenti di Cinti si passa dalla legge di Hooke alla definizione di moto armonico per avvicinare il fenomeno della forza elastica ad alcuni principi degli oscillatori quantistici, verso una curvatura del tempo che possa ridefinire proprio il nostro personale concetto di spazio (virtuale, reale, pubblico, privato, mnestico). È “lo spazio fisico di questo pianeta” ci dice Cinti “che diventa sconosciuto proprio quando si accetta il fatto che si tratta solo di uno dei tanti luoghi

Una materia complessa e nient’affatto banale, che sul piano della riflessione avvicina la scrittura di Cinti a livello sopratutto di liriche al cinema di Chris Marker, a quello di Andrei Tarkovskij ma anche alle reverie esistenzialiste di Scola, citato esplicitamente, oltre ai principi nomadici che sottintendono l’arte altrettanto “nomade” di David Bowie, per come l’ha acutamente analizzata Michele Faggi in questo lungo saggio  tra semiotica e filosofia, uno dei più completi in circolazione sull’argomento.

Musicalmente Cinti fa un salto di qualità notevole e ci consegna il suo album forse più stratificato, senza che la produzione attenta e competente di Benvegnù acquisisca una dimensione ingombrante e totalizzante. Cinti ha in questo senso una fortissima personalità e dal connubio con l’ex Scisma trae giovamento per una maggior concisione formale, senza rinunciare ai suoi brillanti motti di spirito e alla profondità filosofica della sua scrittura, aspetto che viene veicolato da una leggerezza di fondo efficacissima.  Se rimane un’affinità elettiva con l’universo Battiato, questa è solo al livello attitudinale nella forma dell’invettiva, basta ricordare a questo proposito un brano come “Che cosa hai fatto per meritarti questo” dove si parla di quell’assistenzialismo catto-comunista che da un certo momento in poi ha ammorbato tutto il mondo creativo, mettendo al centro un centratissimo identikit di Lorenzo Cherubini “paladino di bontà multirazziale“, quasi fosse la chiave per comprendere altre derive a noi più vicine, come quella dello “sdegno” virtuale condiviso.

L’eclettismo di Cinti passa dall’elettronica, all’approccio orchestrale, fino al recupero delle sonorità minimal che potrebbero essere una caratteristica non scritta di quella scuola lombarda di cui hanno fatto parte a pieno titolo anche artisti come Lele Battista, Luca Urbani, la DeStefano; questo gli consente di non perdere mai di vista il centro, consegnandoci di fatto un altro piccolo capolavoro del “genere”.

 

 

Bruno Martini
Bruno Martini
Bruno: una laurea in scienze politiche, musica italiana tra gli ascolti principali, e un amore viscerale per tutte le british invasion

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