sabato, Aprile 20, 2024

Franco Micalizzi – Un’onda lunga una vita: l’intervista

La recente uscita dell’album Ondanuova (recensito da questa parte su Indie-Eye) è lo spunto per una chiacchierata intensa e illuminante con il Maestro capitolino, celebre per le sue innumerevoli musiche per il cinema e per la tv ed instancabile sperimentatore. Grandissimo comunicatore a note e a parole, dalla inesauribile vitalità, giocosa, fanciullesca e inevitabilmente contagiosa, ci parla dalla sua residenza romana di jazz, America, di passioni mai sopite e dell’esperienza di tutto il suo vissuto musicale, al di là del suo sterminato percorso artistico.

IE: partiamo dal titolo del Suo nuovo album, Ondanuova, che istintivamente suggerisce l’immagine di un qualcosa che ritorna, ma sempre uguale e diverso da se stesso. Parafrasando, si potrebbe pensare ad un dialogo tra tradizione e rinnovamento.

FM: la domanda che mi sono posto appena ho visto i provini dei pezzi in una cartellina sul computer è stata: “Chi sono io?”. È stata la mia prima suggestione, cercando di pensare alla musica che ho amato per tanti anni. Ma non pensavo assolutamente ad un’operazione nostalgia, ho effettuato una ricerca armonica che desse una qualche novità al lavoro che stavo facendo.

IE: ho trovato in effetti una affascinante commistione nel Suo disco, tutto suona classico eppure non lo sembra in senso stretto.

FM: possiamo pensare a vari strati che si sovrappongono tra di loro, come quando mangi un panettone o una pizza, dei quali riesci comunque a distinguere i vari odori e sapori. Così è successo in questo disco, per la musica che in tutta la vita mi ha colpito ed ispirato. In fondo è la bottega dell’arte nella quale tutti noi abbiamo imparato qualcosa e nella quale siamo cresciuti. Ti parlo dalla metà degli anni ’50 sino ad oggi.

IE: vuole citare qualche personalità che La ha ispirata?

FM: sicuramente chi sento più vicino a me è Quincy Jones, è uno che ha fatto l’arrangiatore, ha fatto jazz puro, ha fatto produttore e autore di musica pop di immensa classe, è un numero uno in assoluto! E poi Carlos Jobim, del quale mi sono innamorato perdutamente e che mi ha dato dei momenti di felicità immensa e pura. Quando la musica ha questo messaggio così poetico, cosa vuoi di più? In questo, per dire, non vedo differenze fra Chopin e Jobim.

IE: in questo ritengo, infatti, che consista la trasversalità del messaggio musicale.

FM: ma tu pensa a Modugno, che artista assoluto! Lui si è inventato quel modo di essere folk senza essere folkloristico. Mi ricordo quando da ragazzino trasmettevano le sue canzoni in radio: io ascoltavo praticamente solo Gerry Mulligan e Chet Baker e sono letteralmente impazzito! E ho scoperto che tutte queste cose possono andare benissimo assieme. Per quanto riguarda il jazz, poi, siamo rimasti terribilmente provinciali. Un giornalista una volta mi ha detto: “No, guardi, io mi occupo solo di jazz…”. Ma che cacchio vuol dire? Ma poi ora è difficilissimo definire il jazz, ormai i suoi germi stanno dovunque. Il funky viene dal jazz!

IE: guardi, quando mi diplomai in violino ancora non c’era una classe di jazz…

FM: ma infatti io sono orgogliosissimo di mio figlio Cristiano (batterista in Ondanuova, ndr), che ora riesce ad insegnare in Conservatorio! E’ caduto un tabù!

IE: e ce ne sono ancora tanti…

FM: ragazzo mio, ma siamo cattolici!

IE: il disco mi sembra l’opera di un compositore ma anche un disco di vera e propria musica d’insieme. Che rapporto ha avuto con i Suoi musicisti?

FM: guarda, è un’ulteriore processo di composizione che ho fatto. Gli strumentisti li scelgo perché posso avere il meglio da loro, in modo che possano dare un valore aggiunto ai pezzi. Cristiano ha un bellissimo senso del suono e della pulizia, per esempio. Anche grazie a lui abbiamo voluto realizzare qualcosa che, prima di tutto, avesse il Suono, particolarissimo e pulitissimo, il più autentico e caldo possibile, in cui senti tutto, senza echi o manipolazione, limpidamente naturale. Un premietto potrebbero darcelo! Ma ce l’ho già, in realtà: ho avuto questo disco!

IE: può essere un disco di musica classica “contemporanea”?

FM: ci ho lavorato a lungo per avere un progetto del genere, ma Ondanuova 2, già in cantiere, forse mi piace ancora di più…! Non è stato facile perché in realtà abbiamo lavorato anche molto di sottrazione, mi pare che in linea di massima ci siamo riusciti.

IE: in un’ideale triade pongo Lei assieme ad Ennio Morricone e Piero Umiliani, in questa dicotomia fra tradizione e sperimentazione. Si sente vicino a qualcuna di queste personalità?

FM: oh mamma, fantastici! Io da Morricone ho solo imparato tanto. Ti parlo ovviamente dall’altro secolo, ho seguito le sue registrazioni, a bottega, sin da quando era solo arrangiatore, anche da Piccioni. I pittori vedono un quadro e rimangono influenzati, perché l’emozione che provi nel vedere un’opera d’arte te ne fa creare un’altra.

IE: forse oggi si è un po’ persa questa fame di apprendere, di imparare e, altrettanto, di restituire ciò che si è imparato.

FM: io effettivamente ho cercato un po’ di “fare bottega” in questo disco. Il chitarrista di questo disco, sin da quando era ragazzino, ha iniziato a suonare con me e mio figlio. Ed è bravissimo!

IE: in Italia, in effetti, siamo famosi per l’artigianato. In cosa si sostanzia oggi l’artigianato musicale italiano?

FM: a dire la verità ce n’è poco. Una volta c’erano i circoli musicali, dove si suonava assieme e ci si conosceva tutti, c’era comunicazione, giravano le opinioni, si discuteva e si imparava. Ora, anche perché non sono più ragazzino e forse non frequento molto queste situazioni, ce n’è molto meno, c’è più isolamento. La RCA italiana è stata una bottega incredibile, in cui tutti i miei coetanei hanno imparato e lavorato assieme e si mischiavano anche i ruoli. Il musicista moderno deve anche conoscere bene la tecnica di registrazione. Io stesso spesso sono il tecnico delle mie cose, la bottega ti arricchisce culturalmente, è inevitabile. Mi ricordo un esempio, Cristiano vinse una borsa di studio per Berkeley, io lo andai a trovare e… lì era il paradiso! Tutti gli studenti assieme, tutto il giorno a suonare e, una volta fuori dall’università, andavano a prenotare degli studi in cui organizzavano delle session, meraviglioso! Ho suonato anche io con loro! Dimmi tu in Italia una situazione simile!

IE: nella musica indipendente italiana, Lei è stato riscoperto proprio da un ingegnere del suono, Tommaso Colliva dei Calibro 35. Cosa ne pensa di quest’operazione?

FM: li ho conosciuti in occasione di un’apertura di un concerto che facemmo a Milano, mi fa naturalmente piacere che hanno riscoperto quel genere e che facciano, ovviamente, anche pezzi loro. Il vero sdoganatore poi è stato certamente Tarantino, per me è un modo per continuare ad esistere e anche per fare una riflessione, ho avuto modo di arricchirmi. Poi, sai, tanti anni fa si lavorava rapidi, non c’era un secondo da perdere, anche con attrezzature diverse, il cui suono oggi è un po’ difficile da riprodurre…

IE: c’era più efficienza ai tempi? Morricone scriveva quindici colonne sonore l’anno, oggi sembra ci voglia più “fatica” per fare un disco…

FM: ti dico la mia esperienza, quando si faceva musica da film c’era una vera e propria gara nello scrivere un tema caratteristico che potesse esistere al di là del film e che potesse ricordare il profumo del film. Oggi non mi pare, gran parte è fiction.

IE: appunto! Le piace il cinema italiano oggi?

FM: ma sì, alcuni film mi piacciono, sono ben fatti, però dal punto di vista musicale la musica ha ripreso la caratteristica di ancella, di oscura servitrice dell’immagine. Angelo Francesco Lavagnino diceva che di una musica del film, quando è buona, si sente la mancanza. La musica la “devi” sentire, è una bella donna che arriva e tu te ne accorgi, santo Dio! Vedi il tema de Il buono, il brutto e il cattivo, io entrai in studio che stavano registrando proprio quella… Sentii “Ahahaaaa!!” (ci canta il tema al telefono in perfetto falsetto e scoppiamo a ridere…) e rimasi folgorato! E sembra una stupidaggine! Ma è un’idea formidabile, con solo la voce e l’armonica! Oggi manca la caratteristica che rende la musica “unica”. Ma non stiamo a rimpiangere troppo sennò facciamo la figura di quelli che… hai capito. Ma io mi sento assolutamente attaccato al futuro, sono già a lavoro sul disco nuovo, Ondanuova è già passato.

IE: quanto si sente sperimentatore oggi?

FM: esattamente come ieri, come quando presi una chitarra in mano a dodici anni. La voglia di scoprire cose nuove c’è sempre, tentativo e desiderio non mancano mai. Anche in questo disco c’è una ricerca di armonizzazione nuova e diversa, che sembra che non ci sia ma sta lì, magari lo senti dopo ma c’è! Anche se lo senti su Youtube…

IE: devo ammettere che su Youtube, personalmente, non ce la faccio, ma su Spotify sì, compenso con qualche vinile…

FM: e tu pensa che di Ondanuova abbiamo fatto una bellissima edizione in doppio vinile! Così sì che rimane qualcosa, pensa che tristezza non avere nemmeno il file digitale sul tuo computer, è veramente un “amore in vendita”…! Come in libreria, invece, ogni libro è bellissimo da vedere… No no, questa dello streaming è una follia che andrà a finire in qualche naufragio! La tecnologia mangia se stessa. Fra un anno uscirà qualcosa che ucciderà Spotify e Deezer, saranno anche utili per il pubblico, però hai solo l’illusione, da ascoltatore, di possedere tanto e, invece, non hai niente. Anche la questione dei diritti, pensa a Pharrell Williams che ha preso mille e rotti dollari per tre milioni e mezzo di ascolti…

IE: è forse però un’occasione, per artisti più “piccoli”, di emergere.

FM: ma anche questo non è del tutto vero. Il problema è che non c’è più una vera editoria e discografia. Mo’ te lo dico, ai tempi miei quelli bravi venivano fuori. Nei talent la ricerca del vero talento oggi non esiste e il “produttore” è spesso poco competente. Ci sono invece moltissimi musicisti bravi, giovani che suonano bene e non vengono fuori.

IE: cosa Le piace e cosa ascolta?

FM: mi metti molto in imbarazzo. Io seguo più la musica da film e adoro chi ha scritto le musiche del Commissario Montalbano, Franco Piersanti. Ha scritto temi bellissimi, che vorrei aver scritto io. E’ cinema puro, non è tv. Ma, ripeto, di gente brava ce n’è e ce ne sarà sempre.

Francesco D'Elia
Francesco D'Elia
Francesco D'Elia nasce a Firenze nel 1982. Cresce a pane e violino, si lancia negli studi compositivi e scopre che esiste anche altra musica. Difficile separarsene, tant'è che si mette a suonare pure lui.

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