giovedì, Aprile 18, 2024

Bachi da Pietra; il nostro è un blues andato a male

A questo proposito, mi piacerebbe che mi raccontassi la genesi di Stige 11. Il brano all’epoca mi aveva colpito molto, perchè costituiva uno spartiacque evidente all’interno della vostra produzione. È stato quel pezzo a fornirvi l’ispirazione per la scrittura di “Quintale” oppure faceva parte di una serie di composizioni già pensate secondo determinati schemi?

Già all’epoca l’idea era quella di evolverci in una certa direzione. Quel pezzo ci è servito ad affilare le armi, per così dire. La storia di Stige 11 è particolare, perchè il brano ha origini piuttosto remote… sei la prima persona a cui lo racconto… Inizialmente si intitolava semplicemente Stige, era una canzone che avevo scritto nel Novembre del ’94 in occasione di un’alluvione occorsa nella provincia di Asti, una delle tante. L’avevo scritta per i Madrigali Magri e mi era sempre piaciuta, ma non avevo mai trovato la chiave giusta per inserirla in qualche album. Quando mi sono reso conto che volevo fare il salto evolutivo di cui sopra ho deciso di ripartire da lì. L’ho completamente ripensata e riscritta, ma qualcosa di quel ’94 è rimasto.

Passando invece agli aspetti produttivi e promozionali, a cosa è dovuta la scelta di abbandonare la Wallace e Ivan Rossi per passare alla Tempesta e a Favero? Si tratta di una decisione basata su legami di amicizia oppure deriva dalla volontà di raggiungere un determinato tipo di risultato artistico?

Beh, anzitutto non siamo noi che abbiamo scelto di passare a Tempesta, è stata una proposta che ci è arrivata da loro. Giulio Favero aveva espresso la volontà di produrci un disco già dai tempi di Tarlo Terzo. All’epoca però avevamo un discorso avviato con Ivan Rossi e non volevamo chiuderlo di punto in bianco. Tant’è che Ivan ha finito per registrare anche Quarzo. L’occasione si è presentata in seguito, dato che ci siamo imposti di non fare mai più di due dischi con lo stesso produttore. Tieni presente che nel gruppo siamo solo in due, di conseguenza chi si occupa dei suoni assume un peso determinante. Ovviamente il numero di combinazioni che scaturiscono dall’interazione fra tre persone è limitato, e da questa consapevolezza deriva la nostra scelta. Per quanto abbiamo deciso di lavorare sui limiti e vedere fin dove riusciamo a spingerci con una chitarra e due tamburi, né io né Bruno siamo in grado di uscire completamente da noi stessi. Il nostro stile, come strumentisti, è sostanzialmente quello. Mantenere lo stesso produttore finirebbe per limitare ulteriormente le nostre possibilità. Il fonico compie delle scelte fondamentali, che rappresentano la sua interpretazione della nostra musica. Con Ivan registravamo in digitale. Giulio invece ha preferito lavorare in presa diretta, su nastro. A  posteriori sembra ovvio che Favero fosse la persona adatta per supportarci lungo la strada che abbiamo scelto di percorrere. Ma in realtà abbiamo voluto aspettare l’occasione giusta prima di collaborare con lui. E ti dirò di più, non era assolutamente scontato che la produzione di Giulio ci avrebbe portato ad approdare su Tempesta. Pensa che noi eravamo preparati a finire il disco in sei giorni, ed avevamo un budget limitato a questo tipo di produzione. Quando Giulio ha sentito i pezzi ha deciso di investire nel progetto: ci ha detto che avrebbe pagato di tasca sua ogni giorno in più necessario al mixaggio, e che il disco sarebbe uscito per Tempesta. Noi abbiamo accettato di buon grado, ma prima di entrare in studio non avevamo idea che la situazione si sarebbe evoluta in questo modo.

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco

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