sabato, Luglio 27, 2024

Da Simona Norato a Diana, i videoclip di Giuseppe Lanno: l’intervista

Giuseppe Lanno è un regista palermitano con base a Bologna che ha realizzato numerosi videoclip dopo un apprendistato in ambito documentaristico.
Il cinema del reale entra con grande intelligenza nei suoi lavori, tra istinto e ricerca, allargando la cornice del video musicale oltre i confini di un linguaggio che in Italia è troppo spesso fermo ad una vecchia concezione dell’aspetto performativo.
I suoi video combinano in modo sapiente elemento ritmico, attenzione alla scrittura dei personaggi e studio del loro rapporto con l’ambiente, non abdicando mai alle priorità totalizzanti dell’elemento narativo, ma cercando insieme alla storia un modo nuovo per raccontarla.

In occasione dell’uscita di “Ottanta”, il suo ultimo video realizzato per Diana, il bel progetto guidato da Roberta Arena, lo abbiamo intervistato su questo e altri videoclip che ha realizzato.

Diana – Ottanta – Dir: Giuseppe Lanno

Diana su Facebook

Giuseppe, puoi raccontarci la tua formazione. Non solo quella tecnica legata agli studi, ma soprattutto quella elettiva vicina alla tua idea di immagine?

Prima di tutto ti ringrazio per questo spazio e per l’interesse. Se anche volessi raccontarti la mia formazione legata agli studi farei davvero molto in fretta perché tutto si risolve in una laurea DAMS e un diploma di sceneggiatura conseguito a Los Angeles. Ma non lo dico in modo da sminuire il mio percorso accademico, anzi, ne sono felice perché mi ha aperto gli occhi in molti sensi. Anche se in un percorso di studi non sei sempre attento e soddisfatto, bastano poche persone illuminate per aiutarti a cambiare prospettiva nel bene o nel male. Va bene così, per me. La mia formazione è più pratica e legata all’istinto, alla fortuna di aver incontrato persone che mi hanno fatto capire che il mezzo dell’immagine poteva essere quello giusto per me. Ho cominciato a realizzare video quando ho capito che non sapevo fare niente di particolare. Non è un eccesso di umiltà, ma è la cosa più sincera che posso dire.  

[pullquote]Da autodidatta penso che la migliore formazione sia quella che ti fornisce il tuo occhio. Ho sempre e solo cercato di allenarlo alla diversità[/pullquote]

Ho semplicemente provato a vedere se la mia passione per il cinema, per le immagini, poteva tradursi in qualcosa di pratico. Ho comprato….anzi, è stata mia madre, con grande amore.. una reflex e ho cominciato a giocare. Francesco Murana, il fondatore di Melqart Productions, presentatomi da un’amica comune che è Simona Norato, mi ha coinvolto nei suoi lavori senza esitare. Da lì ho cominciato a conoscere meglio il mezzo a livello tecnico e anche a comprendere meglio la mia voglia di esprimermi. Anche se la strada è lunga, so di essere fortunato. La mia idea di immagine si fonda su tanti input che a volte ho difficoltà a decifrare, ma l’unica cosa sicura è che ho sempre guardato tonnellate di film e serie tv e per me questa è scuola. Da autodidatta penso che la migliore formazione sia quella che ti fornisce il tuo occhio. Ho sempre e solo cercato di allenarlo alla diversità. Se sei pronto allora noti velocemente un’immagine potenziale. Non sono però un fanatico che rifiuta la tecnica, però nel mio caso il percorso è avvenuto all’inverso. Amo la fantascienza e l’intrattenimento americano, ma sono europeo, italiano, e quindi nel mio sangue c’è la predisposizione al dramma familiare per esempio. Tutto è utile per creare la tua immagine. Potrei continuare a parlare all’infinito, mi fermo qui senza sapere se ho risposto. Inoltre credo che la mia educazione, soprattutto sentimentale, sia fondata sui film che ho visto.

Simona Norato – Negli anni 80 – Dir: Giuseppe Lanno e Isabella Tortola

Simona Norato su Facebook

Per te arriva prima il documentario o il videoclip?

Per me arriva prima il documentario perché è la forma che ho dovuto affrontare inizialmente. Poi ho potuto partecipare alla realizzazione di un videoclip e successivamente ho cominciato a scrivere e girare i miei.

Riesci a combinare i due modi di guardare la realtà, quello legato alla documentazione e quello più ibrido del videoclip?

Sì, sebbene io adori girare videoclip perché mi permette di filtrare la realtà, devo dire che mi trovo a mio agio anche con la documentazione. Quando documento opero comunque delle scelte, basti pensare semplicemente a tutto ciò che escludo dall’inquadratura o dal montaggio. Non mi pongo molto il problema della forma in questo senso. Se c’è un contenuto che devo o voglio restituire attraverso l’obiettivo allora cerco di mettermi alla distanza ottimale per me.

Nei tuoi videoclip c’è una dimensione documentale alterata. Pensiamo al contesto urbano che diventa danza nel video per Giovanni Succi e ad un trattamento analogo se pur più elaborato nella clip per Simona Norato, fino al video ritratto per Persian Pelican. Stessa cosa in alcuni tuoi promo dove la flagranza della performance viene rielaborata ritmicamente, pensiamo a quello realizzato per K-Conjog. È interessante questa ibridazione tra realtà e manipolazione, dove rimane sempre al centro quell’incertezza vitale dell’immagine documentaria. È un caso o una scelta deliberata?

Ci sono diversi fattori che hanno influito nei miei lavori fino adesso. Ci sono degli aspetti pratici che fanno parte del mestiere. A volte è molto più semplice adattare le idee al budget, ai mezzi e al tempo che si ha a disposizione. E’ un dato di fatto, un dito conficcato nell’occhio se vuoi, ma nel limite deve nascere la sfida. Mi permetto di fare una citazione forse fuori luogo, ma ci provo.

[pullquote]Una volontà mia e anche una volontà del luogo. Ci manipoliamo a vicenda[/pullquote]

Ricordo di un’intervista a Dodi Battaglia dopo uno show con Al Di Meola in cui il giornalista gli chiese come potesse coniugare il suo grande talento, riconosciuto nel mondo e dai colleghi illustri, con il suo ruolo magari più marginale nel contesto dei Pooh. Parafrasando, Dodi Battaglia gli rispose che per lui lo stimolo derivava dal limite che alcune canzoni dei Pooh gli imponevano, il fatto stesso di dover far risaltare una sua idea dovendo rimanere ancorato ad una struttura.

Giovanni Succi – Con Ghiaccio – Dir: Giuseppe Lanno

Giovanni Succi su Facebook

Giovanni Succi su Indie-eye

Non so se il mio esempio sia calzante, ma trovo la sua sincerità molto vicina al mio modo di vedere le cose, che piacciano o meno i Pooh. A volte ho dovuto scegliere dei luoghi e dei contesti per semplificare il lavoro e per poter permettere alla mia idea di avere una vita a prescindere dai mezzi. L’alterazione di cui parli è poi il passo successivo in cui cerco di prendermi tutta libertà possibile per far emergere degli elementi. Nel video di Giovanni c’è una volontà di ironizzare, di sganciarsi dal luogo , dalla presenza che impone il suo fisico e persino la sua storia musicale. Alterando spazio e soggetto abbiamo trovato una chiave. Con Simona ho preferito saturare gli spazi attraverso il montaggio per restituire il suo vortice musicale ed emotivo. Così vale per gli altri lavori che hai citato, ma forse è una cosa naturale. Credo che ci sia una volontà mia e anche una volontà del luogo. Ci manipoliamo a vicenda.

K-Conjog – live 2016 – film by: Giuseppe Lanno

K-Conjog

Ti occupi anche di post produzione e color grading. Hai recentemente collaborato alla correzione colore per l’ultimo videoclip di Beatrice Antolini Il color grading sta cambiando il linguaggio dei videoclip e introduce una figura altrettanto importante quanto il direttore della fotografia. Puoi raccontarci il grado di creatività che metti in questo particolare aspetto creativo e come hai lavorato con Beatrice?

In ordine posso dirti che la figura del colorist è fondamentale da sempre nel cinema, ma è vero che oggi è grande argomento di discussione perché tutti noi abbiamo accesso a mezzi che ti consentono di fare operazioni una volta possibili solo ai professionisti. Chiunque può scaricare gratuitamente DaVinci Resolve e manipolare i propri video, imparare attraverso i tutorial in rete. E’ una democratizzazione che ha dei pro e dei contro per qualcuno. Ma voglio essere cattivo e dire che è una questione che interessa molto quelli che non hanno idee e hanno solo i soldi. Certe cose un tempo potevano farle solo loro e adesso possono farle tutti.

[pullquote]Spesso mi sono ritrovato a dover colorare i miei video perché non avevo nessuno più esperto di me a cui affidare questo delicato compito[/pullquote]

La discriminante rimarrà sempre la nostra idea. Vero: tutti possono produrre immagini belle, molte immagini si uniformano, ma le intuizioni diventeranno sempre più determinanti. Negare la realtà non ha senso, meglio cercare di avere una buona idea. Comunque è una figura molto importante che può risolvere situazioni complicate, dare una svolta all’immagine, alterare ulteriormente il senso. Io non posso definirmi un colorist, non ho realmente le competenze che anni di studio ed esperienza ti danno. Spesso mi sono ritrovato a dover colorare i miei video perché non avevo nessuno più esperto di me a cui affidare questo delicato compito. Allo stesso tempo sono uno che non ha paura di premere un tasto per scoprire cosa succede. Cerco di informarmi, smanetto come si suol dire. In più mi confronto con amici fidati rispetto alle mie ipotesi di colore. So che è una scienza e quindi leggo il più possibile, ma quando mi stanco allora vado d’istinto. Se mi piace e sono soddisfatto è già una buona base. Poi c’è un minimo di esperienza accumulata che ti aiuta a gestire quel fatidico momento. Alla fine c’è il gusto. Puoi anche sapere, conoscere la scienza dei colori come un dio, ma questo ti aiuta solo ad essere più veloce e non ad essere più creativo.

Con Beatrice ho lavorato in maniera divertente perché lei è una musicista piena di talento ed è anche lei una smanettona curiosa. Ho trovato un video già realizzato da lei e montato con un istinto davvero forte e coinvolgente. Aveva bisogno di un intervento per correggere dei piccoli difetti tecnici e di qualche idea per creare una colorazione, una grana, che rendesse tutto più vicino a ciò che aveva immaginato. Le ho fatto delle proposte proprio sulla base di qualche limite tecnico che si era presentato e abbiamo colmato lo spazio tra la sua idea e l’immagine. Per me era importante preservare il suo istinto, l’energia con cui da sola ha realizzato il video. Credo ci sia bastato parlare un po’, dirci cosa ci piace e fare dei tentativi.

Beatrice Antolini – Second life – Dir: Beatrice Antolini – Color Grading: Giuseppe Lanno

Leggi l’intervista a Beatrice Antolini su “Second Life”

[perfectpullquote align=”full” bordertop=”false” cite=”” link=”” color=”” class=”” size=””]Approfondimenti: È sempre esistito il colorist? Sull’impiego del Paintbox nella televisione britannica degli anni ’80 e per la realizzazione di Ashes to Ashes di Bowie/Mallet 
Per una storia del colore nel cinema: La seduzione dello spettro di Federico Pierotti
L’esperienza spettatoriale è solo una questione dell’occhio? Vivian Sobchack, Carnal Thoughts [/perfectpullquote]

Ci introduci il concept dietro a “ottanta”, il video che hai recentemente realizzato per Diana?

Per Ottanta mi sono lasciato ispirare dai suoi synth liquidi e dalla chitarra ostinata.

[pullquote]Mi piace avere lo stesso umore della canzone [..] perché a volte l’idea, l’immagine, la trovo nei dettagli[/pullquote]

Gli aspetti sonori e l’intenzione malinconica del brano mi hanno portato a pensare alla dicotomia più normale e asfissiante della nostra esistenza: doversi accettare senza piacersi sempre. Ci sono momenti in cui tutti i nostri “io” vanno a velocità diverse ed è difficile metterli tutti d’accordo. In questo caso mi sono convinto che dentro di noi ci siano sempre una mora e una bionda che ci accompagnano. Un po’ ci aiutano, un po’ ci osteggiano. Per alcuni di noi è anche difficile uscire di casa.

Come hai discusso l’idea con lei?

Quando un artista mi chiede di pensare ad un video per una sua canzone la prima cosa che faccio e chiedere di avere il testo in modo che io possa leggerlo, cantarlo. In alcuni casi prima di lavorare al concept studio gli accordi del brano e lo suono per conto mio. Mi piace avere lo stesso umore della canzone, analizzare parole, armonia e scompattare i suoni perché a volte l’idea, l’immagine, la trovo nei dettagli. Con Roberta ho fatto così sin da quando mi ha chiesto di collaborare. Conoscevo già il brano, conoscevo anche i progetti precedenti dato che ci è capitato di suonare nello stesso locale e dividere il palco. Questo mi ha aiutato a farmi un’idea su di lei.

[pullquote]Non trovo nulla di interessante nel riproporre la performance musicale all’interno del videoclip. Lo trovo anacronistico[/pullquote]

In genere faccio delle domande molto banali che vanno oltre le mie supposizioni e una di queste è: di che parla la canzone? Ma non perché mi interessa l’identità canzone-video, è solo un mio modo per entrare in contatto ed eventualmente sfruttare la distanza tra la mia interpretazione e la verità di chi scrive. Io e Roberta abbiamo lavorato a distanza perché io abito a Bologna e lei a Palermo, quindi ci siamo confrontati e abbiamo trovato dei cardini che andassero bene ad entrambi. Da lì ho disegnato il vestito. Il vestito le è piaciuto e abbiamo trovato la stoffa e il sarto. Approfitto della metafora per dire che un ruolo importante l’ha avuto anche Francesco Paolo Catalano che ha curato il trucco e i costumi in maniera decisiva. Un incrocio di collaborazioni che ha creato Roberta stessa e di cui ho approfittato volentieri.

E il lavoro con Melqart Productions di cui fai parte, come si configura?

Melqart Productions è una realtà siciliana a cui devo tantissimo. Francesco Murana, che nel video figura come direttore della fotografia, è una persona importante per cui nutro una grande stima. Insieme abbiamo realizzato tanti lavori, anche molto differenti tra loro.

[pullquote]Melqart Productions è fondamentale nel mio percorso e in questo video.[/pullquote]

Tutto questo mi ha permesso di imparare a confrontarmi con situazioni diverse e anche ad inserirmi nel tessuto siciliano. Melqart è una presenza che sfida tutte le difficoltà del territorio cercando di fare arte o di far conoscere l’arte. Io nasco con Francesco e con Melqart dunque non potrei che parlarne con totale coinvolgimento. Col tempo anche un altro amico fraterno, con cui ho cominciato a realizzare video per gioco, Dario Baldini, è entrato a far parte di questo gruppo di lavoro e ne sono felice. Insieme collaboriamo e portiamo avanti dei progetti. Nel caso di Ottanta, Melqart ha curato la produzione e il supporto tecnico di cui avevo bisogno per realizzare il video. Senza dimenticare il grande apporto creativo che Francesco mi ha dato sul set suggerendo idee, aiutandomi a riscrivere scene che non potevano più essere realizzate. Insomma Melqart è fondamentale nel mio percorso e in questo video.

Diana – Ottanta – Dir: Giuseppe Lanno

Rispetto ai tuoi video precedenti “Ottanta” mantiene un approccio legato alla documentazione degli ambienti e alla presenza del paesaggio. Dove lo avete girato e quanto le location hanno un significato specifico nel contesto del video?

Ottanta è interamente girato a Palermo, la mia città.

[pullquote]Volevo una donna che esprimesse purezza[/pullquote]

Ho scelto le location perché mi evocassero delle sensazioni, che fossero palazzi e strade larghe o una salita di montagna. L’idea di base è che in alcuni momenti si avvertisse lo straniamento mentre in altri una possibile libertà. Volevo ci fosse ambiguità anche in questo, l’incertezza del nostro corpo nello spazio. Gli ambienti interni sono stati scelti per la peculiarità dei colori che si prestavano molto alla parte centrale del brano perché più sospesa.

Come sei arrivato alla scelta di una ballerina come Gina Collazos in un ruolo centrale?

In una prima fase ho proposto a Roberta l’idea di realizzare il video inserendo una terza persona per amplificare quel concetto di ego multiforme. Volevo una donna che esprimesse purezza e ci siamo attivati un po’ tutti per trovarla. Francesco, che ha anche curato la produzione, fa parte di un progetto che prevede un ponte culturale tra Sicilia e Colombia e mi ha proposto Gina, che aveva conosciuto in quell’occasione. Il caso ha voluto che lei venisse in Italia proprio in quei giorni. Dal momento che avevo scritto delle scene di danza e che lei esprime quella purezza che cercavo mi sono convinto immediatamente. L’istinto di Francesco e la fortuna sono stati complici. Gina si è rivelata perfetta per il video ed è stata un collante tra tutti noi sul set. La sua grande disponibilità, la sua umanità, hanno reso tutto bello. E’ stato un piacere lavorare con lei.

Gina Collazos in “Ottanta” di Giuseppe Lanno

È interessante e non così comune decentrare il ruolo dei performer e in qualche modo affidarlo ad uno esterno che non è coinvolto con i musicisti. A meno che non si tratti di una performance da filmare, tieni ben distinti i due aspetti, ovvero il live dal videoclip, mentre ancora si vedono in circolazione videoclip dove la performance dei musicisti occupa tradizionalmente il centro. Tu cosa ne pensi?

Senza voler passare per presuntuoso, non trovo nulla di interessante nel riproporre la performance musicale all’interno del videoclip.

[pullquote]Roberta non alza mai la voce nella vita, per me è stato interessante farla urlare[/pullquote]

Lo trovo anacronistico. Sì, ci sono dei casi in cui l’elemento musicale suonato mi piace per come è inserito nel contesto, ma è raro. Pretendo che ci sia uno sforzo di renderlo affascinante. Se devo fare un video in cui i musicisti suonano allora preferisco il live. Mi diverte molto di più far fare ai musicisti cose diverse, decentrarli come dici tu. Si divertono anche loro di più secondo me. Roberta a quanto pare non alza mai la voce nella vita, per me è stato interessante farla urlare e farla preoccupare che i vicini chiamassero la polizia. Così come farle strattonare Gina, non le riusciva semplice data la sua grande educazione. Trovarsi in difficoltà è importante. Dopo però abbiamo riso tanto.

Roberta Arena e Gina Collazos in “Ottanta” di Giuseppe Lanno

Non voglio dire che tutti i videoclip in cui è presente la performance musicale siano brutti, ma tanti non incontrano il mio gusto. Il videoclip lo vivo come una possibilità di poter scrivere e girare qualcosa di più impegnativo, proporre all’artista di giocare insieme a me, di mettersi in discussione. Fargli imbracciare una chitarra solo perché la sa suonare non mi interessa ad essere sincero. La sovrabbondanza formale la evito, preferisco la sintesi. Anche semplice, ma sintesi.

[perfectpullquote align=”full” bordertop=”false” cite=”” link=”” color=”” class=”” size=””]Approfondimenti: Come mai il 90 per cento dei video indipendenti italiani sembrano dei brutti incubi mainstream di trent’anni fa, con “scemi che si muovono” ? Aritmie del tempo: i videoclip e il tempo nell’immagine[/perfectpullquote]

Il ritmo interno all’inquadratura in “Ottanta” è diverso dalle manipolazioni visivo-ritmiche che sono presenti in altri video. C’è più attenzione alla composizione dell’immagine e ad un ritmo nell’immagine piuttosto che tra le immagini, cosa ne pensi?

Hai colto prima di me questo aspetto, quindi grazie. Dato che me lo fai notare, posso dirti che mi sono dedicato in maniera particolare a colori e movimenti all’interno dell’inquadratura. Forse è il lavoro in cui maggiormente ho spinto più sulla composizione.

[pullquote]C’è un pittore che mi ha influenzato a livello umano ed è Igor Scalisi Palminteri[/pullquote]

Abbiamo creato il materiale adatto al montaggio che avevo in testa sin dall’inizio e forse c’è un impianto narrativo un po’ più evidente. Ovviamente non parlo di storia, ma del semplice espediente del dentro\fuori. Penso che la struttura del brano sia stata importante nella costruzione e nel ritmo interno delle inquadrature. Nonostante non ci sia nessun playback se non nell’accenno dei cori, c’è comunque un fluire legato alla canzone. Quel senso di liquidità che io sento, ho provato a tenerlo sempre vivo anche nelle immagini.

Quanto la cultura pittorica influenza le tue immagini?

La cultura pittorica più che altro influenza la mia voglia di creare immagini. Mentirei se dicessi che c’è un legame costante, ma posso dire che grazie alla mia compagna ho avuto modo di alzare il culo dalla sedia e andare a vedere delle mostre, musei che avevo sotto il naso, ho preso dei treni per ammirare dei quadri e so che continuerò a farlo. Grazie a lei so di essere più curioso verso un’arte che ho creduto a lungo come inavvicinabile per una mia insicurezza di base. Lei mi ha fatto appassionare e quindi mi è capitato di pensare a qualche luce, a qualche colore, delle pose da rubare. E’ anche vero che c’è un pittore che mi ha influenzato a livello umano ed è Igor Scalisi Palminteri. Lui è un pittore palermitano che amo e ho le sue immagini nella testa da quando lo conosco. E’ un amico e anche lui ha collaborato con tanti musicisti, in vari modi, compreso il video. A lui penso spesso anche se forse non lo sa. Poi ci sono dei riferimenti pittorici che ho a prescindere dal video e per motivi vari: Pietro Novelli, Piero Della Francesca, Amico Aspertini, Artemisia Gentileschi, Amedeo Modigliani, Caravaggio, Frida Khalo, Matthias Grünewald, Hieronymus Bosch. Se me lo chiedessi domani ti direi altri nomi probabilmente.

Progetti per il futuro?

Oltre a farmi intervistare tante altre volte da voi? Sì, sono un ruffiano. Ad ogni modo ho un po’ di progetti in fase di scrittura, qualcuno in fase di ideazione. Realizzerò, spero, tre videoclip e un documentario su un grande artista siciliano. Parte del tempo lo uso anche per stuzzicare artisti che mi piacciono e provare a farli innamorare di me. Poi vorrei dedicarmi a qualcosa di molto intimo, piccoli progetti visivi che mi aiutino a decifrare i miei rapporti. Inoltre sto cercando di approfondire il mio rapporto con la fotografia. A volte vorrei essere un fotografo, lo ammetto. Nella sfera del sogno inserisco anche la mia voglia grande di realizzare un documentario su Paco De Lucia e uno su Marco Van Basten. Se qualche produttore sta leggendo, dategli il mio numero di telefono.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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