Fantasia elettronica
Mentre i Black Mountain proseguono per la loro strada con ben due dischi sempre degni di nota (Wilderness Heart del 2010 e la colonna sonora del film Year Zero, datato 2012), il progetto Lightning Dust viene accantonato per un po’. Il successo del precedente disco non lascia insoddisfatti, ma la notorietà del gruppo di testa evidentemente non lascia spazio necessario per il terzo episodio. Con Wilderness Heart si sorpassano (finalemente?) gli anni ’60 per effettuare maggiori ricerche all’interno degli anni ’70 (molte analogie si possono cogliere con taluni dei gruppi che oggetto di molte compilation tematiche come Man Chest Hair, di cui ho trattato in precedenza). Gli organi spingono, talvolta anche la batteria (Let Spirits Ride potrebbe mandare in culo anche la reunion dei Sabbath), talvolta la Webber viene spinta in cima al palco per la sua parte (nella traccia che dà il nome al disco).
Per Year Zero si cerca di lasciare da parte le testimonianze hard rock per sperimentare (se è possibile sperimentare guardando alla storia di 40 anni fa) su synth, moog e altro armamentario fuori commercio. Solo alcune tracce sono inedite, come Phosphorescent Waves, che mescola i Tangerine Dream a Shine On You Crazy Diamond, in modo pedissequo, quasi da plagio, oppure Embrace Euphoria, ancora dalle parti dei Floyds. La parte del leone in queste finestre fuori dal tempo la fa proprio Amber Webber, sussurrando imperativi caustici come una nuova Fitter Happier dei Radiohead. Solo la conclusiva Breathe abbandona gli azzardi per conseguire un rock tradizionale, da titoli di coda. (Continua nella pagina successiva…)