Se ascoltando il tuo ultimo “Come il vetro” ho pensato a una certa immediatezza che mi ha ricordato ‘Hours…’ (1999) di David Bowie, riascoltando invece Up the line è facile scorgervi elementi presenti anche in alcuni tra gli episodi strumentali meno claustrofobici di Low e “Heroes”, i primi due episodi della sua trilogia berlinese. Che rapporto hai con quest’artista con cui condividi certamente la molteplicità di evoluzioni e la lunga e mai interrotta avventura nel mondo dell’arte?
Pensa che una volta ho avuto persino la fortuna di intervistarlo, era di EMI anche lui e mi hanno chiesto di fargli un’intervista poi uscita su Ciao2001. Ricordo che fuori dalla registrazione mi disse anche “Tu sei dello stesso pianeta, stai attento, io mi sono sentito prigioniero del mio personaggio, stai attento a queste trappole”.
Io del suo lavoro amo moltissimo Hunky Dory e The rise and fall of Ziggy Stardust (and the spiders from Mars) e poi amo il Bowie della trilogia, amo insomma quegli stessi dischi che lui riconosce come i migliori della sua carriera, i suoi capolavori. Ho amato anche altri artisti a lui affini come ad esempio Lou Reed e Roxy Music, di certo lui è una figura essenziale per chi fa certe cose anche fortemente legate al bisogno di ambiguità e comunicazione estetica, sono segni d’appartenenza che aiutavano a far capire da che parte stavi a livello comunicativo.
Cosa farai ora? Cos’hai in mente?
Continuerò di certo a occuparmi di Discipline, non credo sia tutto ancora morto in questo paese e io voglio andare avanti, vedere, da parte mia, di combattere nel mio modo questo sistema culturale che ha solo un centro attualmente: quello televisivo. Cerco e vivo la comunicazione.
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