sabato, Luglio 27, 2024

Chelsea Wolfe, Unknown Rooms: l’intervista

E’ uscito nella seconda metà di ottobre il nuovo lavoro di Chelsea Wolfe, “Unkonwn Rooms“, una raccolta di canzoni acustiche, come recita il sottotitolo, pubblicata da Sargent House in varie versioni tra cui una confezione bundle sontuosissima, contenente il vinile ed una serie di add-on di vario tipo (maglietta, moleskine personalizzato e via dicendo).

Dopo la lunga video-intervista “connettiva” realizzata da indie-eye insieme a Chelsea Wolfe, disponibile in lingua inglese con sottotitoli italiani, ora anche sul nostro canale Youtube da questa parte, e le session acustiche che l’artista americana ci aveva regalato in forma Podcast (da questa parte sempre su indie-eye.it) abbiamo sentito la necessità di tornare su alcuni aspetti della sua scrittura che in parte ci aveva già raccontato approfonditamente.

Quello di cui abbiamo avuto conferma è che con Chelsea Wolfe è molto difficile e probabilmente anche inutile, costruire una griglia critica che consenta di affrontare la sua discografia in termini “evolutivi”; le mutazioni del suo Songwriting sono rintracciabili attraverso una lettura non lineare, questo per il modo in cui la Wolfe si è servita della Rete per diffondere e successivamente, promuovere il suo lavoro in forma prevalentemente ipertestuale, ovvero attraverso realtà, piattaforme, etichette molto diverse l’una dall’altra che tuttora coesistono.

Su youtube è ancora possibile rintracciare moltissimo materiale, tra inediti, cover oppure idee abbozzate in forma embrionale, basta pensare all’ordine in cui sono stati pubblicati Apokalypsis e The Grime & The Glow, sostanzialmente invertito rispetto ai tempi di gestazione. Affrontare “Unknown Rooms” come una sorta di cesura rispetto ad un “marchio di fabbrica” al momento non così afferrabile, non tiene conto di un percorso attraversato da sempre da una rilettura “acustica” della sua stessa musica, non è un caso che tra i bonus download contenuti nell’edizione vinilica dell’album, sia presente una traccia come “Gold”, parte del repertorio più vecchio della Wolfe, immediatamente successivo ad un passato discografico che non le appartiene più e precedente alle due uscite per Pendu Sound.

Quello che ci interessava, in questa sede, è chiederle che tipo di “attitudine acustica” è interessante per lei; “Unknown Rooms” in questo senso ci è sembrata una prova ancora più radicale nell’avvicinare alcune sue intuizioni ad un suono peculiarmente acusmatico, vicino a quei suoni tra materia e sogno che descrivono spazi de-realizzati, luoghi sconosciuti appunto, dove c’è meno folk di quello che ci si possa immaginare e molto più “soul“…

Le foto dell’articolo sono di Kristin Cofer

Ci puoi raccontare qualcosa sul titolo del nuovo album? Le “Unknown Rooms” sono luoghi immaginari? 

La morte e i sogni sono soggetti che hanno sempre posseduto la mia musica e la mia vita. “Unknown Rooms” è ispirato ai sogni e alle teorie interpretative legate a questi. Non sono brava ad interpretarli ma ho trovato alcuni aspetti che mi interessano molto; quando costruisci nuove stanze e luoghi sconosciuti nei tuoi sogni, è come se fosse possibile intravedere qualcosa al di là della vita oppure alcuni aspetti di quella presente che non eri preparato ad affrontare e verso i quali mostri un’apertura maggiore.

In questo senso mi sembra che la scrittura dei testi di “Unknown Rooms” sia più intima rispetto ai tuoi lavori precedenti, un’intimità che si riferisce però a qualcosa sospeso nel tempo, tra assenza e presenza.

Sono d’accordo. I testi di “Unknown Rooms hanno un’origine molto più personale.

Cosa è cambiato durante un anno di concerti tra l’America e l’Europa? Sei d’accordo con chi dice che è cambiato qualcosa nel tuo suono?

Ho scritto brani acustici e canzoni folk per tutta la vita. Unknown Rooms è stato messo insieme perchè c’era il desiderio di offrire una casa a delle canzoni folk che non ne avevano, orfane. Ci sono molti brani tra quelli che ho scritto che vagano senza dimora su Youtube, brani che ho scritto, suonato dal vivo, alcuni ancora in forma “demo”, ma mai pubblicati. Nel processo che mi ha portato a mettere insieme vecchi brani, c’è stato lo spazio per scrivere qualcosa di acustico totalmente nuovo; e sempre in questo senso ho riaffrontato e rielaborato alcuni vecchi brani.

Hai recentemente pubblicato anche un album live, oltre a questo per Sargent House; la tua collaborazione con Pendu Sound continuerà?

Il live a cui ti riferisci è Live at Roadburn, ed è uscito recentemente in vinile. Fotografa la nostra performance di Aprile al Festival. Al momento non lavoro più con Pendu anche se ovviamente loro continuano a promuovere il vinile di Apokalypsis. Mi sono trovata benissimo con Sargent House, e il mio prossimo album sarà pubblicato proprio con loro.

Il modo in cui lavori con la voce ha un ruolo predominante nella struttura dei tuoi brani, allo stesso tempo gli arrangiamenti di “Unknown Rooms” non sono “semplicemente” acustici, rivelano qualcosa che va oltre il folk, altre tradizioni come il soul, o altri aspetti legati ad un approccio più dronico, cosa ne pensi?

Prima di tutto, quello che cerco di fare con la mia voce, è di utilizzarla come uno strumento ma allo stesso tempo come una forma di linguaggio. Per quanto riguarda quello che dici sul limite tra una tradizione e l’altra, trovo sia molto bello, mi piace molto e sono assolutamente d’accordo. Non mi interessano i confini tradizionali relativamente ad un “genere”, non mi sono mai interessati e probabilmente non susciteranno mai il mio interesse. Ed è vero, l’anima (soul) è tra gli aspetti più importanti per me nella mia musica e anche nella mia vita.

Questa assenza di confini stretti di cui parli è interessante e proprio riguardo ad un brano della raccolta, mi riferisco a “sunstorm”;  sembra che l’approccio “acustico” passi da altre vie; c’è un piano elettrico, completamente fuori tono, l’attitudine rimane però totalmente acustica, come nella versione live di “Movie Screen” che si può sentire in rete…

Esattamente, “Unknown Rooms” è definita come “una raccolta di canzoni acustiche” perchè sia chiaro il riferimento ad un album di canzoni che sono state scritte fuori dal tempo, fuori da qualsiasi collocazione, ma al di la di questo per me “acustico” significa analogico, a cappella, caldo, archi, non è un significato che si lega necessariamente ad una voce e ad una chitarra acustica.

Le tracce aggiuntive da scaricare in versione mp3 che accompagnano la versione in vinile di “Unknown Rooms” contengono un brano tra i tuoi più “antichi, ovvero “Gold” e uno più recente intitolato “Virginia Woolf Underwater”; il brano era già apparso in un fashion film realizzato da Charlene Bagcal…

Si, esattamente, Charlene mi aveva chiesto di utilizzare questo mio brano per il suo video intitolato “Solace” dove io sono presente in un breve cameo, per questo ho considerato quella canzone come già edita, quindi non nuova. Ben Chisholm, già con i Revelator, mio collaboratore e parte della mia band, ha realizzato un remix per il video di “Solace” mentre la versione che si può ascoltare all’interno di “Unknown Rooms” è quella originale.

C’è qualcosa, in queste stanze sconosciute, che ti piacerebbe definire, una storia, un racconto anche solo accennato o mai detto…

Vorrei concentrarmi solo su pochi elementi; Sunstorm è sulla possibilità di ascoltare le ultime parole di una persona e la responsabilità che ne consegue. Flatlands si avvicina al desiderio per un luogo specifico che risuona con la nostra parte più intima nel momento in cui molti di noi si trovano senza un vero luogo di appartenenza, in molti modi. Molti dei brani che puoi ascoltare all’interno di “Unknown Rooms” sono letterali in un certo senso; per esempio Our Work was good si riferisce al lavoro fatto con le proprie mani e a quello che puoi creare e quindi distruggere con quelle stesse mani.

Girerai un nuovo video per promuovere il tuo album? Cosa è rimasto delle tue esperienze come videomaker?

Non mi sento realmente una videomaker; ho realizzato alcuni video all’inizio perchè avevo l’urgenza di proporre la mia musica anche da un punto di vista visuale, ma ne farò realizzare uno molto presto da Charlene Bagcal per Flatlands  , e sono davvero eccitata per questo, Charlene ha un grande senso dell’immagine.
Il futuro?

Sto già lavorando al mio prossimo album, posso dirti che uscirà nel 2013!

 

Unknown Rooms: a collection of acoustic songs

Chelsea Wolfe, official

 

 

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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